martedì 29 gennaio 2019

Jan Mac Ewan: Chesil beach trad. di Susanna Basso. Ed. Einaudi, 2007




Recensione di Maria Rosa Giannalia 

Erano giovani, freschi di studi, e tutti e due ancora vergini in quella loro prima notte di nozze, nonché figli di un tempo in cui affrontare a voce problemi sessuali risultava semplicemente impossibile. Anche se facile non lo è mai”.

Inizia così il libro di Mc Ewan e in questo incipit mi pare sia riassunto molto bene lo spirito della narrazione e l’argomento che l’autore svilupperà. Una sorta di proemio che è informazione per i lettori rispetto a ciò che dovranno attendersi da questo romanzo.
La storia dei due protagonisti Edward e Florence, giovanissimi e colti, di buona famiglia lei, di famiglia  più povera e meno organica al contesto sociale borghese lui, lascerebbe supporre uno sviluppo narrativo giocato sul rapporto di coppia e sugli intrecci di una vita coniugale all’interno di quella stessa società inglese  che tanto innovativa è stata per tutta la generazione a cavallo dei due decenni degli anni sessanta e settanta del novecento.
In realtà il focus narrativo è proprio  su quanto viene esplicitato al lettore nell’incipit: la prima notte di nozze.
Due freschissimi sposi, Florence ed Edward, vanno a questo appuntamento assolutamente impreparati tecnicamente e psicologicamente, poco avvertiti anche nella capacità di autoanalisi in relazione all’avvenimento che càpita loro e loro malgrado.
Basta una semplice eiaculatio precox del giovane sposo, giusto al primo incontro sessuale durante i preliminari amorosi della loro prima notte, a fare esplodere tutto l’apparato matrimoniale , le attese, i progetti di vita e di lavoro posti in essere dai due giovani attraverso la lunga e meticolosa preparazione delle nozze con il corollario di presentazioni delle reciproche famiglie assai squilibrate sia per status sociale che per cultura e per tipologia di rapporto interparentale.
La famiglia di Florence sembra essere solida ed estremamente borghese, fondata su certezze  consolidate dall’appartenza generazionale dei genitori della giovane che non hanno dubbi riguardo a cosa sia veramente importante nella vita. Dall’altra parte, invece, c’è la famiglia dello sposo, completamente priva di certezze e ri-costruita su una cogente necessità: la malattia mentale della madre, che risulta essere eversiva rispetto ad ogni logica borghese di strutturazione della famiglia e dei rapporti parentali.
In questa situazione di partenza i due giovani sposi si collocano ciascuno con le sue proprie aspettative legittime che però, a causa di quel primo ed unico approccio sessuale, non avranno alcun seguito nella loro storia di coppia. Nello sfondo, una società, quella inglese, già avviata, da una parte,   verso il cambiamento epocale che non la vedrà mai più protagonista indiscussa di quell’impero coloniale che , per secoli, l’ha collocata al centro della storia del mondo, e dall’altra verso lo smantellamento dei valori forti che hanno connotato , ugualmente per secoli, quella stessa borghesia che era riuscita ad esportare nel resto del mondo persino i comportamenti interpersonali  sociali e familiari. La deflagrazione della rivoluzione sessuale degli anni sessanta, partita proprio da quella stessa società così avvitata sulla propria pruderie, fa implodere tutto il sistema su cui si era saldato e solidificato l’impero.
In questa ottica il fatto alla base del libro di Mc  Ewan, che  costituisce il dispositivo drammatico di tutta la narrazione - vale a dire l’incapacità dei due giovani di affrontare il primo loro rapporto sessuale -,   si sposta dall’essere un semplice avvenimento casuale e secondario, in fondo abbastanza frequente nella storia dei rapporti di coppia, a diventare un più ampio e importante  “fatto epocale” che porta alla luce l’incongruenza della società borghese dell’Inghilterra di fronte al cambiamento della storia. Cambiamento che non è determinato, in questo caso,  da macro-avvenimenti come  catastrofi, guerre o i conflitti economici tra stati, ma, più semplicemente,dalla trasformazione lenta ma inesorabile della mentalità sociale  capace, però, di stravolgere abitudini, comportamenti e con essi, le strutture sociali. Ecco che, quindi, la sessualità, quella sessualità descritta nel romanzo, non più episodica e acquiescente prestazione della donna nei confronti del proprio marito, ma non ancora fatto di matura e consapevole  volizione, finisce con l’essere eversiva, sintomo e causa ad un tempo della destabilizzazione delle strutture sociali.
Per questi motivi il romanzo di Mc Ewan mi è sembrato molto funzionale  ad esprimere lo sgomento di un’intera generazione , quella tra gli anni sessanta e settanta, di fronte al cambiamento epocale dei valori sociali. La narrazione si avvale di un linguaggio semplice, fluido, chiaro che supporta l’architettura del romanzo stesso, molto congruente con il narrato, precisa e senza sbavature stilistiche.


Donatella Di Pietrantonio: L’arminuta-Einaudi editore 2017





di Maria Rosa Giannalia

Si tratta di un romanzo che già dal titolo di testo rivela la situazione della protagonista: l’arminuta, cioè la “ritornata” che tale rimarrà per tutto il romanzo: il lettore non conoscerà il suo nome ma solo il suo ruolo dentro la situazione narrata.
L’autrice tratteggia il dramma di un’adolescente che, dopo essere stata adottata in modo informale da una zia acquisita, come si usava nel passato  della storia italiana, viene restituita alla famiglia di provenienza a causa di un ripensamento cialtronesco da parte di questa succitata madre adottiva di nome Adalgisa.
In realtà il dramma della ragazzina costretta a passare da una vita borghese con tutti i crismi di una buona educazione e di un’attenta cura da parte della famiglia adottiva, ad una realtà poverissima e deprivata culturalmente ed anche umanamente alla quale  spesso la povertà costringe, si trasforma via via in qualcos’altro che infine stupisce per le conseguenze positive dell’amore.
Di quale amore si tratti , l’autrice ce lo svela pian piano congiuntamente al ritmo narrativo del suo romanzo: la giovanissima “arminuta” viene restituita ad una realtà che, anche se mancante di tutto, possiede la forza del sentimento più sublime dell’amore: quello disinteressato della sorellina Adriana. Grazie a lei la protagonista riscatterà il suo ruolo di “oggetto di scambio” tra due madri fasulle  e accetterà di vivere la sua nuova vita fatta di autenticità , alla quale appunto viene restituita.
Io ho letto in questa chiave la “restituzione” di questa ragazzina, dapprima sconvolta e coinvolta con danno personale da avvenimenti che non capisce, per diventare via via capace di acquisire autonomia sentimentale.
Il libro è costruito attraverso una scrittura che alterna espressioni dialettali e registro colloquiale, per passare al registro medio, quando l’autrice, nei passi descrittivi e più precisamente narrativi, riesce a rivolgersi alla generalità dei suoi lettori.
Nel suo insieme questo romanzo presenta tutte le caratteristiche della dignità narrativa contemporanea senza però avere la presunzione di collocarsi nella sfera del “letterario”.
Personalmente l’ho trovato molto dignitoso nel mantenere ciò che promette fin dall’incipit.