lunedì 29 novembre 2021

Sulle tracce della memoria

Non è detto che il viaggiatore curioso ed esperto non voglia tornare allo stesso luogo in cui è nato. Il viaggiatore sa sempre tornare sugli stessi luoghi e non trovarli mai uguali: è lo sguardo che cambia. Lui lo sa. Ma questa consapevolezza non lo sottrae alle seduzioni della memoria. E quindi ritorna illudendosi di ritrovare quelle immagini che la memoria gli ha restituito negli anni, nei decenni passati. Capita così che, da viaggiatrice, mi faccio allettare dalla possibilità di visitare alcuni luoghi che un tempo mi passavano sotto gli occhi e senza che li vedessi veramente. Occhiate distratte o forse sguardi usuali che appiattiscono, nella quotidianità, tutte le differenze. Ho rivisto così una strada , la via Bandiera, dove con mia madre andavamo a comprare le scarpe da Patania, ottime scarpe a prezzi imbattibili o ancora pezzi di stoffa per farci vestiti, gonne tutte a mano e con l’aiuto della Singer. A volte confezionati da mia madre stessa o dalle sartine che in paese abbondavano. Stamattina non c’era più nulla di tutto questo. Una folla variopinta di pakistani, indiani, cinesi, nordafricani con teorie di bancarelle a conferma della multietnicità di questa città mediterranea a vocazione da sempre orientale e multiculturale. I palermitani invece se ne sono andati o si aggirano, pochi, in veste di turisti come me, o accompagnatori di amici. E gli altri che invece sono rimasti sono quelli che si arricchiscono, che mangiano e speculano - perchè non possono fare altro che questo - sulla città che muore, priva di servizi efficienti, priva di strutture pubbliche degne di questo nome, prive anche di gentilezza, avendo perduto per strada l’antica grazia popolana che produceva empatia nei confronti di chiunque. La città è diventata altra cosa e nella trasformazione subita ha cambiato le forme gentili a favore di un’asperità che le era, un tempo, estranea. E così capita che anche l’antica focacceria San Francesco a ridosso dell’omonima chiesa, è preda di una massa di turisti vocianti che premono per sedersi nei tavolini sparsi nell’intera piazza davanti alla chiesa e che fanno a coltellati per accaparrarsi un posto, sicuramente allettati dalla pubblicità di quella che un tempo era modesta trattoria per viandanti dove, adesso, la stessa focaccia di ricotta schietta , come erroneamente tradotta nel menù, non ha più nulla della bontà di un tempo quando calda e fumante veniva servita a poco prezzo ai viaggiatori. La vastedda che servono ai tavoli è diventato un panino qualunque, freddo, dove la farcitura di schietto non ha più nulla solo il nome sbagliato nella necessità della traduzione . In realtà la stessa focaccia da schìetta qual era ( cioè ragazza nubile) è diventata solo schìetta arraggiatizza. Nel sapore e nel prezzo: la stessa raggia dei palermitani.