martedì 21 maggio 2019

L'otium, ovvero l'arte del non-fare

di Maria Rosa Giannalia


                         La foto viene da qui


 Uno dei problemi della terza età, quando ormai si è definitivamente lasciato il lavoro, quando i figli sono andati via di casa e fortunatamente non ci imbrigliano nei loro molteplici bisogni (per esempio affidandoci i loro pargoli per diversi giorni o per tutta la settimana) o quando dobbiamo continuare ad occuparci della casa e di tutte le minute incombenze ad essa collegate, che richiedono molte ore, rimane finalmente un tempo abbastanza lungo per noi. Il fatto è che spesso non siamo abituati. Non siamo abituati, dico, non a gestire il tempo, ché quello impariamo presto a farlo, subito dopo  l’adolescenza, ma a gestirlo in funzione solo NOSTRA. 

   E’ talmente strana questa cosa che, quando càpita, si sentiamo come frastornati. Si affollano alla mente tante di quelle belle attività nuove da realizzare, che non sappiamo da dove iniziare e soprattutto COME iniziare. Non ci viene in mente, ad esempio, di iniziare e basta. Nella nostra precedente vita avevamo orari prestabiliti, compiti assegnati,  colleghi e colleghe incombenti, dirigenti  che ci tenevano il fiato sul collo. E tutto ciò ci ha abituato a non pensare il tempo come interno a noi, come una categoria nella quale non dovessimo sempre  parcellizzare e organizzare ogni gesto della nostra giornata.  Eravamo abituati a fare entrare dentro l’involucro temporale tutte le nostre  necessità di lavoro  e personali adattandoci ai ritmi precostituiti.

   E’ normale, quindi,  che di fronte al tempo allargato e vuoto di impegni che ci si apre davanti, sentiamo come un senso di perdita e di smarrimento: vorremmo gestirlo ma ci mancano i riferimenti. I riferimenti di prima non  esistono più, e, conseguentemente, dovremmo crearcene di nuovi, organizzando in funzione solo nostra, le ore, le settimane, i mesi.
   Capita quindi che abbiamo la sensazione di PERDERE TEMPO. Senza riflettere che il tempo non esiste al di fuori di noi e non possiamo perdere una cosa che non esiste.
  Ecco perché abbiamo necessità , adesso, di imparare a concepire il tempo in maniera distesa, in funzione solo di ciò che  ci serve, non per fare , ma per pensare. Anche il pensiero autonomo richiede un sacco di tempo e, per attivarlo, è necessario coltivare la mente attraverso buone letture, buoni film, buoni spettacoli, belle attività anche manuali, ma anche attraverso buone conversazioni. Il confronto ci permette infatti di non isolarci, in un tempo in cui ci viene a mancare tutto l’entourage lavorativo che, anche se, a suo tempo , ci risultava faticoso, ci garantiva una rete di rapporti sociali importanti per la nostra realizzazione.
   E’ arrivato un altro tempo, diverso, in cui dobbiamo crearci le nostre  attività e dare loro un altro senso, senza altra necessità che quella del nostro piacere personale.
Allora perché non iscriversi a qualche associazione di persone che condividono gli stessi nostri interessi? Perché non riservare qualche giorno alla settimana per incontrarsi piacevolmente con le amiche e gli amici e OZIARE? L’ozio ha una grande valenza perché, sgombrando la mente  dalla necessità, ci aiuta a riflettere sui valori fondanti del genere umano. Non per nulla i latini ritenevano l’OTIUM la più bella di tutte le attività contrapponendolo al NEGOTIUM che  marcava la sfera “del fare” cioè di tutte le azioni necessitate.
   Ma solo l’Otium è un privilegio, in quanto dà respiro alla mente ed eleva l’animo verso finalità alte.

E questo i nostri padri latini lo sapevano bene!




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