lunedì 19 settembre 2016

Presentazione del libro "Isole e voci"

"La Sicilia, direte voi. E’ vero. In questi racconti c’è la Sicilia, perché è da lì che viene l’Autrice, sebbene viva in Sardegna da quarant’anni e più. Ma è impossibile dimenticare il luogo d’origine, quello in cui si è vissuta la propria infanzia e la propria giovinezza. E la Sicilia c’è e rimane sullo sfondo con i suoi profumi, con le sue suggestioni, con il sole torrido, con il caldo soffocante che fa attaccare gli abiti addosso per il sudore. C’è la luce spietata, crudele, che riporta alla memoria certe pagine di Verga che ha descritto la Sicilia matrigna, restia a concedere agli uomini i suoi doni, la Sicilia dalla quale però è difficile allontanarsi. Ciò è ben chiaro nella novella “Emigranti”, costruita come una tragedia classica, in cui fanno da parodo le chiacchiere della gente, convinta che sia inutile abbandonare la propria terra, tanto non c’è altra patria se non la Sicilia, dove i protagonisti torneranno per essere seppelliti. Il punto di vista privilegiato è quello di coloro che osservano e tranciano taglienti giudizi. Così come in “Requiescant”, in cui il chiacchiericcio dei presenti al funerale viene accostato all’urlo, improvviso e straziante, della madre del defunto. Pettegolezzi e dolore vengono messi sullo stesso piano, così come fa la vita che, secondo un gioco tutto suo nel quale gli uomini non hanno gioco alcuno, abbina le gioie alle sofferenze. Oppure il punto di vista scelto dal narratore è quello di una bambina, come in “Tanino”, raccontata in modo abilmente allusivo per arrivare, solo nell’ultima frase, allo svelamento della verità. Poi c’è Venezia, l’altra isola cui fa riferimento lo stesso titolo della raccolta. Il paesaggio cambia. Compare l’acqua, ristoratrice. La nebbia rende evanescenti i palazzi e i canali. Il freddo si fa pungente. A Venezia sentiamo altre voci, che si esprimono in una lingua più dolce ma che non sono comunque troppo dissimili da quelle che abbiamo sentito in Sicilia. “Melchiorra” è la donna siciliana sfruttata da tutti, inconsapevole della sua condizione. La sua vera tragedia è la solitudine. E non è meno sola la donna di cui si parla in “Polifonia in Campiello”, storia a più voci che ci propone la stessa vicenda da diverse angolazioni. E non è forse solo il protagonista di “Il reduce”, condannato a pagare per colpe non sue? Per colpe che, in realtà, nessuno ha commesso e che la vita, beffarda, ha deciso di assegnare a suo piacere. La raccolta si chiude con quattro racconti ambientati in Sardegna. Il maestrale si fa sferzante, vediamo il mare, l’inflessione cambia. E sentiamo altre voci. Particolarmente inquietante è quella del protagonista di “Le sorelle”, malato di inettitudine che, per una volta nella vita, decide di agire e di piegare il destino al suo volere. Così come decide di fare Giulia, nel racconto “Dimenticanze”. Il cerchio si chiude. Il racconto è stato iniziato da una voce di bambina. Si conclude con una voce fuori-campo che parla di una donna anziana e sola. Sola come un’isola. " Antonella Pingiori

mercoledì 14 settembre 2016

Televisione e premi letterari

L'assegnazione del premio Campiello, su Rai 5, alla scrittrice Simona Vinci col libro " La prima verità" è stata inserita all'interno di uno show condotto da Geppi Cucciari e Neri Marcorè.
Dico uno show perché tale mi è sembrato, per una scelta precisa della regia di dare a questa cerimonia una veste che non le è propria.
Forse nel tentativo di coinvolgere un più numeroso pubblico televisivo, si è fatta la scelta di creare una mélange di presenze da palcoscenico che poco o nulla c'entrano con lo spirito di una premiazione letteraria.
Capisco che la televisione debba sapere raggiungere una vastità di pubblico per giustificare evidentemente l'apparizione di scrittrici e scrittori che parlano di letteratura all'interno di un mezzo che per sua natura è rivolto al vasto pubblico, ma ciò che si è percepito sabato scorso è strato lo stridore  poco armonico tra due livelli di argomenti che stanno tra di loro come il diavolo e l'acqua santa. Non per essere polemica a tutti i costi con una televisione pronta a declinare i suoi palinsesti e le sue trasmissioni al grosso gusto  di un pubblico grosso, che costituisce lo zoccolo duro dello spettacolo televisivo, ma non si potrebbe fare una scelta coraggiosa di mantenere nell'alveo preciso e consono una manifestazione che poco si presta per sua natura a interessare  grandi numeri? Ma  RAI 5 non si è creata  per trasmissioni culturali? Qual è il bisogno assoluto di volere a tutti i costi coinvolgere chi non ha alcun interesse per la letteratura, per i premi, per i libri e per tutto ciò che riesce ad esprimere la bellezza delle parole? Si capisca una volta e per tutte che non sempre la bellezza letteraria, come quella artistica, può essere per forza volgarizzata. Il pubblico di Rai 5 è e rimane comunque un pubblico di nicchia, per usare un termine abusato, e non è certo con le battute della Cucciari  con il contrappunto, in verità un po' fuori luogo e spiazzante di Neri Marcorè che la trasmissione ha avuto uno share più alto.
Forse si potrebbe qualche volta abbandonare questa idea del forzato coinvolgimento delle masse per lasciare all'assegnazione del premio Campiello il posto che merita. Un posto più consono al suo naturale pubblico che certo non si aspetta di passare una serata di divertimento leggero, ma di potere sentire qualcosa di letterario.
Se un utente interessato si sintonizza su Rai 5 per assistere ad una premiazione letteraria, questo si aspetta: sentire parlare gli autori della cinquina dei finalisti che espongono il loro punto di vista sulle proprie opere e magari i giurati che leggano le motivazioni delle scelte. Non certo battute pseudo-intellettuali né i numeri dei voti, sullo stile di Amici, trasmissione di canale 5 che , (questa sì fa altissimi numeri di share e potrebbe anche bastare a ricoprire il fabbisogno di leggerezza maniacale che caratterizza le televisioni, tutte le televisioni) le votazioni letti dalla notaia in minigonna che poco ci azzecca con tutto il resto. 
Francamente non credo che di tutta questa nuova mise en place di sabato scorso al malcapitato telespettatore di Rai 5  , sia importato molto. Anzi, credo che abbia ritenuto il tutto molto noioso. Come, d'altra parte, il grosso pubblico che si voleva raggiungere, non è certamente rimasto legato al divano nella visione spasmodica  di tale spettacolo.
Insomma, smettiamola di volere salvare la capra e i cavoli.