Inizia con questo bel reportage e con le due recensioni che seguono, la collaborazione con Rosetta Martorana alla quale do il benvenuto mio e di tutti i lettori del mio blog per questa e per altre scritture di cui ci farà partecipi in queste pagine.
NOTIZIE SUL TEATRO GRECO DI
SIRACUSA E RECENSIONI
SULLE TRAGEDIE
Quest’anno ricorre il 54°
festival del teatro greco di Siracusa, splendida città siciliana sulla costa
ionica che è famosa per il parco archeologico della Neapolis che racchiude l’anfiteatro
romano, il teatro greco e l’orecchio di Dionisio, una grotta scavata nel
calcare a forma di orecchio umano.
L’Istituto Nazionale del Dramma
Antico (INDA) a partire dal 1914
inaugurò le annuali rappresentazioni di opere greche che, a parte le interruzioni
legate alle vicende storiche come i conflitti mondiali, continuano ad oggi ad
essere allestite con maestria e professionalità richiamando un pubblico
internazionale che ,non solo gode dello spettacolo artistico, ma ammira le
bellezze naturali e storiche di una città come Siracusa.
La prima fase di costruzione del
teatro greco risale al V secolo a.C. e rifatto nel III secolo a.C. per subire
delle trasformazioni in epoca romana. E’ stato documentato che la forma a
semicerchio diventerà canonica alla fina del IV secolo a.C. in quanto prima
aveva delle gradinate rettilinee. La forma a semicerchio era ed è a tutto
vantaggio dell’acustica, di cui s’interessò il tiranno Gerone II al momento
della ristrutturazione tra il 238 a.C. e il 215 a.C.
Secondo la tradizione greca
l’attività teatrale era concessa a tutti i cittadini, anche ai più poveri,
grazie al fondo istituzionale creato per questo tipo di attività (Theorikon). Durante la dominazione romana le
attività teatrali persero d’importanza perché sostituite dagli spettacoli dei
gladiatori.
Dalla fine degli anni “70” ho personalmente
seguito, con la cadenza biennale e poi annuale , perché così era organizzato il calendario delle
rappresentazioni, le varie opere greche che si sono avvicendate, trasmettendo
sempre delle forti sensazioni e dei profondi stati d’animo che ti trasportano
nelle vicende narrate, nella psiche e nel pathos dei personaggi. Tutto questo
immerso in un paesaggio naturale unico e di rara sensazione fisica e spirituale
che raggiunge il suo culmine al momento del tramonto quando le luci sceniche si
sostituiscono con dolcezza agli ultimi raggi solari. Chiunque dovrebbe provare
l’atmosfera che vi si respira, particolarmente quando il vocio degli spettatori
lascia lo spazio al silenzio che precede la recitazione.
Edipo a Colono di Sofocle
Prima
di affrontare questa tragedia è necessario fare un accenno ad “ Edipo re “ che
narra di un re amato dal popolo per il suo carisma, ma che nell’arco di un solo
giorno conosce il suo drammatico passato che lo vede autore dell’assassinio del
padre Laio e genitore di figli che sono frutto dell’ amore incestuoso con la
madre Giocasta. Edipo, appresa la notizia del gravissimo atto di ybris di cui
inconsapevolmente si era macchiato, si autopunisce accecandosi e lasciando la
sua Tebe per andare in esilio ed espiare la colpa procuratagli dal Fato.
Edipo,
cieco e mendicante, nel suo vagare, arriva nel bosco di Colono, accompagnato e
guidato dalla figlia Antigone; un oracolo ha predetto che morirà a Colono. Il
coro dei vecchi ateniesi in un primo momento cerca d’allontanarlo, ma mosso da
pietà desiste. Ismene , l’altra figlia di Edipo, arriva ed annuncia la lotta
dei fratelli Eteocle e Polinice per il dominio di Tebe. Viene rivelato
l’oracolo da Ismene, in base al quale Edipo, vivo o morto, avrebbe salvato i
suoi alleati; ecco perché essi avrebbero cercato il suo favore o lo avrebbero avuto
in loro potere. Gli dei inviano un tuono improvviso come segno dell’imminente
morte di Edipo.
La
rappresentazione di “ Edipo a Colono” si svolge in una scenografia essenziale,
in cui campeggia un busto maschile visto di schiena che alla fine sarà la tomba
di Edipo e che vuole rappresentare l’umano che dà le spalle al presente ed il
volto all’aldilà; gli attori indossano
degli abiti contemporanei per la continuità temporale del dramma della
morte. L’allestimento teatrale rispetta fedelmente le caratteristiche
dell’eroe, “avido di vendetta ed egoista”, vittima del Fato che lo vuole
parricida e incestuoso; biasima gli dei, augura la morte fratricida ai figli
Eteocle e Polinice, impreca e maledice ogni aspetto della vita.
Si
poteva correre il rischio di un “ happy ending” attraverso una “ interpretatio
christiana” con esiti pacifici ed armoniosi, ma non è avvenuta nel rispetto
dello stile sofocleo che alla fine conduce Antigone verso Tebe dove, tutti
sappiamo, la fine che l’attende.
Il
filo conduttore è la rivendicazione dell’innocenza, o meglio
dell’incolpevolezza, di Edipo che è stato un “prescelto” degli dei che lo hanno
condannato a vivere un ruolo altamente tragico.
Eracle di Euripide
Mentre
Eracle è impegnato nell’Ade a lottare contro Cerbero, il tiranno Lico gli ruba
il trono di Tebe e decide di uccidere la di lui moglie (Megara), i figli ed il
padre (Anfitrione). I Tebani implorano la salvezza dei condannati a morte e,
quando ogni speranza sembra perduta, torna Eracle portando con sé Teseo, strappato
al mondo dei morti. Eracle uccide il malvagio Lico, salvando i suoi familiari,
ma la dea Era, per vendetta nei confronti di Anfitrione con cui aveva avuto una
relazione, fa impazzire Eracle con l’intervento di Iris e Lissa, la quale
personifica la rabbia. Eracle completamente folle uccide la moglie ed i figli
salvando Anfitrione, solo per volontà di Atena. I corpi dei morti sono onorati
dal padre Anfitrione e Teseo convince l’amico Eracle a purificarsi per il
tramite della sopportazione della vita così piena di dolore.
La
scenografia di questa tragedia è caratterizzata da una grande parete frontale
con le foto di persone defunte, mentre alla base ci sono delle tombe/lavacri
con acque purificatrici dove si immergeranno Megara ed i figli prima di morire
ed infine Eracle dietro suggerimento di Teseo.
Un’altra
caratteristica di questa opera sofoclea sta nel continuo movimento dei corpi
che culmina nel coro degli anziani tebani accompagnati ritmicamente dal suono
dei tamburi che dominano la scena dal
punto di vista acustico. Il coro femminile ed i personaggi di Iris e Lissa si
esprimono con una gestualità che ben esprime il pathos del momento. Le attrici,
oltre alla recitazione dai toni alti e incisivi, ricorrono anche loro alla
gestualità che è il “fil rouge” scenico.
Ciò
che colpisce è l’interpretazione tutta al femminile (con l’eccezione del coro
maschile) che ha dato un tocco particolare a tutta la rappresentazione. Infatti
la regista Emma Dante, ha voluto sviluppare dell’eroe la fragilità che lo rende paradossalmente virile in quanto
fruitore di una forza interiore e non fisica e brutale. Abbandonando i panni di
un semidio, Eracle è un essere umano: egli appartiene al mondo dei vivi e a
quello dei morti da dove torna.
Euripide
introduce la novità del posticipare la follia di Eracle alle sue “fatiche”,
contrariamente a quanto avviene nella tradizione dove le prove a cui l’eroe si
sottopone sono strumento di espiazione. In questo modo Eracle entra in scena
come un fantasma che nella prima parte uccide il tiranno Lico, ma nella seconda
parte si trasforma in una marionetta omicida manovrata da Era.