Arriva
un momento in cui stai facendo cose ordinarie, anche banali. Ad esempio stai
entrando in una banca, che so, a chiedere un mutuo per comprare la tua unica e
sola casa dopo una faticosa vita di traslochi in case rabberciate alla meno
peggio, magari dopo che hai deciso di separarti da un marito ingombrante e
faticoso.
Una
banca è , in un certo senso, come una chiesa. Entrarci comporta raccoglimento,
compunzione, attenzione anche a ciò che ti metti addosso. Devi dare
l’impressione di essere una persona affidabile. Quindi niente cose
eccessivamente frivole ma neanche raffazzonate. Il giusto equilibrio che dica
subito, a colpo d’occhio, che sei una donna elegante, seria, affidabile,
lavoratrice, equilibrata e anche bella. E che ci tieni al tuo aspetto.
Quindi.
Quindi,
con tutta la carica che ti dà il desiderio di potere acquistare finalmente non
dico la casa dei tuoi sogni, ché è da tanto che ci hai rinunciato
definitivamente, ma perlomeno una casa comoda con il riscaldamento, dopo
anni di abbigliamenti casalinghi degni di un igloo, in una zona silenziosa dove
i vicini non decidano di farti sentire a volume spiegato, a tutte le ore del
giorno, le ultime novità di Sanremo, insomma una casa decente degna di questo
nome, parcheggi la tua utilitaria e varchi la soglia del santuario. Ti sei
guardata anche allo specchietto dell’auto, prima di incamminarti e hai visto
che non sei troppo male e magari ti dai un ultimo ritocco di rossetto.
Insomma,
adesso sei lì, in quel luogo sacro, dove una porta a vetri alta e pesante, ti
restituisce la tua immagine. Tu lo sai, ovvio, che sei una donna qualsiasi ,
pure un po’ sprovveduta, ma all’esterno…oh, hai l'aspetto di una
guerriera pronta all’assalto.
Apri
e vedi, nell’androne, un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquanta che
tu sei pronta ad archiviare tra quellichenontiinteresserannomaineanchemorta.
Sei
abituata ad avere addosso gli sguardi degli uomini che , si sa, anche senza
volerlo, le donne le guardano sempre, purché ben messe e con parvenza di
giovinezza. Ma tu sai che devi tirare dritta per la tua strada, come sempre hai
fatto dalla pubertà in poi, senza ricambiare né sguardi né parole, facendo
finta di nulla.
E
invece non succede niente. Il tizio non ti lascia neppure passare per prima, ma
oltrepassa l’ingresso senza neppure reggerti la porta, anzi lasciandotela quasi
sbattere in faccia.
Sbigottita,
non sai se per la sorpresa o per la cattiva educazione, entri a tua
volta, fermando con una veloce bracciata la porta, entri e quando sei
dall’altra parte, ti giri ad accompagnare la vetrata e vedi lo stesso tizio
che, con passo veloce, raggiunge una giovane donna, alta, bionda, alla quale
daresti sì e no, neanche trent’anni. E’ vero, hai molti pensieri per la testa,
soprattutto quello, importante, per il quale sei andata proprio in quella banca
e archivii tutta la faccenda in uno sgabuzzino mentale in cui ti proponi di non
entrare mai più.
Allora
vai dritta verso l’ascensore. Sei sola, devi arrivare al quinto piano per
raggiungere il direttore al quale esporre cautamente la tua richiesta di mutuo.
In garanzia hai pensato di potere portare il tuo stipendio (sei una buona
lavoratrice), il tuo status sociale ( una donna ancora giovane, mediamente
colta, in grado di potere lavorare per molti anni, una sola figlia a carico e
niente marito che, con i tempi che corrono, è una cosa assai buona, perché,
secondo come è messa la tua famiglia, ti tocca mantenere anche lui) e
infine il tuo charme, o quello che pensi di avere ancora.
Vieni
accolta da un’impiegata che ti fa accomodare in una orribile saletta con il
niente intorno, neppure un giornale, né una pianta, niente di niente, ma solo
un freddo il dottore la prega di attendere, arriva subito.
Ti
siedi, ti guardi in giro, non c’è nulla che possa attrarre il tuo sguardo, neanche
la finestra che dà sul retro in un cortile stretto dove l’unica immagine è
quella di un muro con alcune crepe nell’intonaco dalle quali si intravedono
delle macchie di muffa. Aspetti. Agguanti il tuo cellulare, unica risorsa in
questo frangente, compulsi nell’ordine: posta, messaggi, facebook. Ti accorgi
che nessuno ti ha scritto mail, nella box ci sono solo pubblicità di vacanze a
Dubai in alberghi da mille euro a notte, di prodotti dimagranti, di offerte
imperdibili per l’acquisto di una nuova automobile, di fb che ti informa
che Sempronio Vivamaria ti ha taggato in un suo post, messaggi di conoscenti
che ti informano di incontri e serate ai quali ti guarderai bene dal
partecipare, post in fb che sembrano scritti da Pierini Formaggini anziché da uomini
e donne maturi, e altre cose così. Aspetti. Aspetti, e ancora aspetti. E’
passata quasi un’ora e pensi: cavolo, sembra di essere dal dottore o in una
fila che, so, dell’INPS, non certo in una banca. Finalmente una presenza: viene
introdotta nella tua stessa saletta, dalla medesima impiegata, una ragazza,
giovane, questa volta bruna, i capelli lisci con taglio irregolare, grandi
occhi color nocciola, minigonna e stivale borchiato. Sembra appena uscita da
Vogue. Saluta, si siede nella poltroncina vicino alla tua e si dispone pure lei
all’attesa.
Dopo
ancora cinque lunghi minuti, finalmente ecco il direttore, un tipo tarchiato,
occhialuto, un po’ di pancia prominente messa in mostra dal biancore di una
camicia spiegazzata ai fianchi.
Tiri
un sospiro di sollievo e, mentre pensi che sia finita quella attesa ignobile e
inadatta al luogo e alla tua persona, fai per alzarti e andargli incontro.
Quello, come se non ci fossi, va dritto dritto verso la brunetta, la saluta
calorosamente, la invita ad entrare nel suo ufficio, poi, rivolgendosi a te: “
Mi scusi, signora, è una faccenda di pochi minuti e poi sono subito da lei!”.