Il 15 Aprile 2016, alle ore 17.00, presso il liceo classico "Dettori" di Cagliari avrà luogo il secondo incontro letterario sul tema: Al di là del mare: storie di emigrazione al femminile in Sardegna.
Ne parleremo con due autori sardi, Anna Castellino e Giacomo Mameli, partendo dai loro rispettivi libri:
A. Castellino -La bimba di madama fransé- Aipsa Altrestorie edizioni, Cagliari, 2015
G.Mameli -Le ragazze sono partite- ed. CUEC, Cagliari 2015.
Qui di seguito le biografie essenziali dei due autori e le sinossi delle opere.
Gli autori- breve nota biografica
Anna Castellino,
Cagliari 1953.
Laurea in lettere, impiego al Ministero per i beni
culturali presso la Soprintendenza archivistica della Sardegna.
Specializzata alla scuola di Archivistica Paleografia
e Diplomatica. Ha lavorato e ancora lavora presso gli archivi storici di tutta
la Sardegna di cui conosce davvero tutto. Ha istituito l’archivio storico del
Comune di Quartu Sant’Elena dove per 15 anni ha diretto la sezione didattica.
Dal 2005 ha deciso di fare “vivere” attraverso il racconto
romanzato, le storie e i protagonisti delle storie che negli archivi o nelle
relazioni dei convegni sono appiattiti dentro le catalogazioni, gli atti
burocratici, le monografie di carattere storiografico, riservate quindi agli
addetti ai lavori.
E così nascono le pubblicazioni: In su celu
siat-voci soliste per coro e fantasmi, Mischineddus, e
altri racconti.
Nel 2015 pubblica- La bimba di madama fransé-Aipsa
Altrestorie edizioni, Cagliari.
Giacomo
Mameli, Perdasdefogu 1941.
Giornalista professionista, studi classici, laurea in
Sociologia a Urbino, tesi sulla sociologia del lavoro e della comunicazione,
diploma superiore Scuola di giornalismo diretta da Carlo Bo, tesi con il
semiologo Paolo Fabbri "Quattro paesi, un'isola". Nella
narrativa esordio nel 2006 con "La ghianda è una ciliegia"
vincitrice del premio nazionale di Letteratura "Orsello" del Comune e
della Provincia di Roma, presidente della giuria Sergio Zavoli. Direttore
artistico del festival letterario "Settesere, settepiazze, sette
libri" di Perdasdefogu. Nel 2015 pubblica “Le ragazze sono partite”
ed. CUEC, Cagliari.
Sinossi di “La bimba di
madama fransè”
di A. Castellino. -Aipsa
Altrestorie edizioni- Cagliari,2015
Siamo nei primi anni del novecento, in un piccolissimo
paesino dell’Appennino Toscano, Marliana, nei pressi di Pistoia. Una bambina,
di nome Cesira, viene salvata dalla fame e dagli stenti da uno zio, non si sa
se materno o paterno, che la porta via con sé in un posto dove, a suo dire, danno ai cristiani formaggio e ricotta e
dove la piccola sarebbe stata allevata e avrebbe potuto dare accudimento allo
stesso zio, carbonaro stagionale.
Ester, madre di
Cesira e di altri figli, ritornata a Marliana dopo un lunghi periodi di lavoro
come balia presso alcuni signori altolocati in Francia, non mostra alcun legame affettivo verso la
figlia, e verso tutta la sua stessa famiglia, ostentando atteggiamenti di
sufficienza, dovuti alla frequentazione di persone raffinate, che le fruttano
l’appellativo di “madame fransé” come ritorsione di dileggio al suo fare
sprezzante. Ester, quindi, acconsente di
buon grado alla partenza della figlia alla volta di una terra per lei
sconosciuta e lontanissima: la Sardegna.
Questo atto condizionerà per tutta la vita il rapporto tra
Cesira ed Ester, sua madre, caratterizzato
dal conflitto che non arriverà mai a dissolversi, neppure alla fine della
seconda guerra mondiale, quando Cesira, con
le figlie più piccole, si recherà
a Marliana per sfuggire ai pericoli della guerra .
Il romanzo si apre e si snoda attraverso il racconto di Cesira,
ormai nonna, ai nipoti, in un intreccio
di piani temporali in cui si alternano le voci delle due protagoniste: quella
di Cesira stessa e quella di Annittedda, nipote attenta all’affabulazione della
nonna che, ormai adulta, diventa l’io
narrante della vicenda. Annittedda, cui la nonna ha affidato la memoria e il
racconto della sua vita e della “sua”
storia, incrocia continuamente le sue riflessioni, i suoi ricordi, le sue considerazioni,
alla vivace e appassionante descrizione affabulatoria della nonna.
La storia minima della famiglia di Cesira copre un’epoca
assai lunga: dallo scoppio della prima guerra mondiale alla fine della seconda
guerra e alla faticosa ricostruzione, con una focalizzazione privilegiata su
ciò che avviene in Sardegna.
E’ una storia vista dalla prospettiva degli umili,
raccontata attraverso gli occhi e la voce di “sa pippìa” come viene chiamata, subito
appena sbarcata in Sardegna, Cesira, che dipinge ai nipoti con tinte vivaci e
briose, in un linguaggio misto tra la sua parlata d’origine, il toscano, e
quella di arrivo, il sardo, un quadro d’ambiente fatto di povertà, fin da quando, dopo una traversata
sconvolgente per una bambina che non aveva mai conosciuto il mare, viene accolta
dalla signora Assunta, vedova Stagi, toscana anche lei, di Marliana, in una modestissima casa piena
di scarafaggi, nei pressi di Bonaria, a Cagliari.
Tuttavia il racconto non è mai un racconto disperato. Al
contrario, Cesira illumina col suo ottimismo e la sua forza tutte le
vicissitudini e gli enormi sacrifici che la condizione dell’isola, in quel periodo
storico, comporta, mettendo in evidenza la capacità dei nuovi parenti di dare e
ricevere calore umano e bontà, anche nella lotta per la sopravvivenza, durissima lotta, che
salva solo i più forti. L’animo degli abitanti dell’isola balza con grande evidenza
nel continuo aiuto reciproco -la solidarietà tra poveri- che connota tutta la
vicenda della famiglia ma anche degli abitanti di quel pezzo di Cagliari che fa
da corte ed eco alla famiglia stessa, intrecciando con questa le sofferenze ma
anche le piccole gioie.
A questa piccola
storia si giustappone la grande
storia , la storia della guerra contro i tedeschi prima e della lotta
partigiana poi, in uno scenario duplice, Sardegna e Appennino toscano, sedi
delle lotte e delle ritorsioni dei tedeschi in fuga.
Si nota la vocazione alla storia dell’autrice Anna Castellino che sceglie, qui come negli altri suoi libri, di
raccontarla per bocca dei protagonisti minori, privilegiando l’interessante, vale a dire
quell’espediente che, come Manzoni ci ha insegnato, è il “trucco” che avvince
il lettore e lo inchioda alla lettura del romanzo fino all’ultima pagina.
Sinossi del libro: “Le ragazze
sono partite”
di Giacomo Mameli –CUEC ed. –
Cagliari, 2015
Intorno agli anni sessanta del novecento, da un piccolo
paesino della Sardegna, indicato con il nome antico di Foghesu, oggi Perdasdefogu, molte ragazze , giovani e giovanissime, partono per il continente, spinte dalla povertà e dalla
mancanza di prospettive, per andare a svolgere il lavoro di zeracche , come un tempo venivano
chiamate, un po’ spregiativamente, con
un termine dall’etimo spagnolo, le collaboratrici domestiche.
La Sardegna della metà del secolo scorso, uscita fuori
dalla crisi della guerra e non toccata quasi per nulla, se non tangenzialmente,
dalla ricostruzione, non offre ai giovani serie prospettive di lavoro che non
siano quelle tradizionali dell’agricoltura e della pastorizia, praticate con
sistemi ancora ancestrali. In questo panorama soprattutto le donne, specie le giovani, non potevano
sperare in un futuro che facesse loro superare la condizione di estrema povertà
e di semplice supporto familiare. In tale situazione per nessuna di loro
sarebbe stato possibile affrancarsi dagli stenti di una vita marginale e subalterna.
Una possibilità però veniva loro offerta dalla pratica di un lavoro utile e dignitoso:
la collaborazione domestica che, con una giusta retribuzione, avrebbe potuto assicurare
loro un sostanziale miglioramento di vita.
E’ pur vero che la pratica del servizio domestico veniva
svolta da molte giovani nell’isola, specialmente nelle città più grandi , ad
esempio Cagliari, ma tale lavoro era quasi sempre mal retribuito e non
assicurava una seria opportunità per migliorare il proprio status sociale.
Giacomo Mameli ha raccolto, in questo libro, dalla viva
voce delle protagoniste, il racconto delle loro esperienze: dalla vita
ristretta al proprio gruppo familiare in un piccolo paesino nel cuore della
Sardegna, le giovani ragazze affrontano un percorso che già inizialmente
stravolge l’esperienza quotidiana abituale.
Dovere fare un viaggio in treno e poi per mare, con un bastimento mai visto prima, essere
catapultate in una grande città come Roma o Milano, produce in tutte le ragazze
uno straniamento che sconvolge i loro parametri di vita abituali. Ciononostante
, così come emerge nella narrazione puntuale di Giacomo Mameli, esse sviluppano
una capacità di adattamento alle nuove situazioni, e riescono declinare un
lavoro, tutto sommato subalterno, in un’occasione imperdibile per acquistare indipendenza
economica e sociale.
Alcune di queste ragazze assumono ruoli presso famiglie altolocate e importanti nella
società italiana del novecento- ad
esempio presso la famiglia Ciano-Mussolini dove va a prestare servizio la
giovane Giovanna Maretta di Perdasdefoghu o presso la famiglia di Tullio Kezich,
dove va a lavorare Delia.
La frequentazione di queste famiglie, anche attraverso il
ruolo subalterno, rappresenta una grande
opportunità di conoscenza e di confronto per queste ragazze, che, però, non
perdono mai di vista il legame – fortissimo- che le vincola emotivamente e
sentimentalmente al paese d’origine, alla propria famiglia, ai genitori.
E così , dopo tutti gli anni, spesso più di quaranta,
passati in continente, le ragazze
ritornano, ormai mature signore nel loro paese d’origine, ricche e rispettate.
Altre, invece, riescono ad affrancarsi totalmente anche dal lavoro iniziale,
intraprendendo un percorso di evoluzione culturale e di miglioramento sociale, con l’aiuto delle stesse
famiglie che le hanno accolte e, quindi, trovano più vantaggioso rimanere nella penisola.
La scrittura di Giacomo Mameli è chiara e gradevolissima: la cronaca si
alterna alle le voci narranti dei
dialoghi con la compattezza narrativa e il ritmo serrato del giornalista, che non permette al lettore alcuna
distrazione dal testo. Fino alla fine.
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