martedì 4 febbraio 2020

Procedura di Salvatore Mannuzzu ed. Arcipelago Einaudi 2015




Scritto nel 1988, il romanzo “Procedura”  colloca Salvatore Mannuzzu nel novero degli autori sardi contemporanei portatori di innovazione nel panorama letterario nazionale, così come si può leggere anche in Wikipedia.

In realtà alcune recensioni e quarte di copertina attribuiscono il romanzo che Mannuzzu scrive  al genere giallo. Ma di questo genere letterario, il libro non ha le caratteristiche, essendo piuttosto un vero e proprio studio romanzato su comportamenti , sensazioni ed emozioni oltre che sentimenti di un insieme di personaggi che agiscono e/o si lasciano vivere in una Sassari del 1976, sonnolenta e disperante città di provincia. In questa città il protagonista, un magistrato, viene mandato , si intuisce per punizione, ad indagare sulla morte di un collega- Valerio Garau- inspiegabilmente morto dopo avere sorbito un caffè al bar del tribunale, in compagnia di una collega  sua amante. Questo il fatto che dà avvio alla “procedura” per mettere ordine ai fatti.
Nel sottofondo la storia dell’Italia degli anni ’70: il sequestro Moro, ad opera delle brigate rosse, di cui, nella cittadina di provincia, isola in un’isola, arriva un’eco ovattata e smorzata.
Lo spunto iniziale porge il destro all’autore per fare muovere il suo personaggio, che non viene mai nominato, attraverso strade fredde e quasi surreali, alla ricerca di indizi, motivazioni, spiragli di luce, atti a condurlo non tanto alla soluzione del caso quanto, piuttosto al sondaggio e alla comprensione dell’animo umano.
Così, in una girandola di uomini e donne, tutti con legami più o meno stretti con il morto, il magistrato, con indolenza e, a volte, fastidio, dipana una matassa fatta di verità parziali, di punti di vista differenti, nella quale lo scopo fondamentale quasi si dissolve a favore dell’emersione di stralci di vita, spiragli, attraverso cui  si mostrano al lettore episodi del passato prossimo e remoto di tutti i personaggi presenti nel romanzo.
Alla fine il caso non si risolve, la ricerca della verità approda a tante differenti verità ciascuna delle quali ha una sua plausibile spiegazione e collocazione all’interno della vicenda.

E’ notevole in questo libro, la capacità di Mannuzzu di iniziare una narrazione intricata fin dall’inizio, e sapere condurla fino alla fine annodando con sicurezza  tutti i fili delle azioni,  per ricondurli , in fondo al romanzo, al punto di partenza.
La scrittura è spiazzante: la sintassi è costruita attraverso un labirinto di incisi e subordinate, in cui le descrizioni di pensieri, stati d’animo, le analessi, si intrecciano continuamente, destabilizzando anche il lettore esperto che è costretto a rimanere perfettamente avvinto alla scrittura pena la confusione e la perdita del senso della narrazione.
A complicare ancor più la scrittura, una punteggiatura non canonica con l’uso spregiudicato soprattutto dei due punti, quasi a volere spiegare continuamente le ragioni di azioni apparentemente inspiegabili in un colloquio costante e fitto che il magistrato, protagonista della vicenda, instaura con se stesso. E infatti di questo colloquio interiore la narrazione ha tutte le caratteristiche: il protagonista insegue i suoi pensieri senza curarsi di interlocutori.

Per questo il libro mi è sembrato un’opera di scrittura raffinatissima ma difficile e certamente non alla portata di lettori poco esperti.
Questa scrittura di Mannuzzu in qualche modo mi sbalordisce, nel senso che non somiglia a nessuna delle  scritture di autori sardi contemporanei : è caratterizzata da una cifra originalissima che conferisce alla narrazione una sorta di monotonia volutamente  livellante  quasi che l’autore volesse rappresentare le vicende umane dando a ciascuna di esse la stessa importanza e il medesimo valore: nessuno dei personaggi dice la verità, ognuno ha una sua verità da rivelare importante quanto quella degli altri. Come dire che la ricerca della motivazione della morte è solo un fatto puramente aleatorio e, tutto sommato, anche inutile, che nulla aggiunge e nulla toglie all’infinita vicenda dell’uomo.


1 commento:

  1. Questa tua recensione, così particolareggiata, mi ha stuzzicato la curiosità di leggerlo! Grazie Maria Rosa

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