Scritto
nel 1988, il romanzo “Procedura” colloca
Salvatore Mannuzzu nel novero degli autori sardi contemporanei portatori di
innovazione nel panorama letterario nazionale, così come si può leggere anche
in Wikipedia.
In
realtà alcune recensioni e quarte di copertina attribuiscono il romanzo che
Mannuzzu scrive al genere giallo. Ma di
questo genere letterario, il libro non ha le caratteristiche, essendo piuttosto
un vero e proprio studio romanzato su comportamenti , sensazioni ed emozioni
oltre che sentimenti di un insieme di personaggi che agiscono e/o si lasciano
vivere in una Sassari del 1976, sonnolenta e disperante città di provincia. In
questa città il protagonista, un magistrato, viene mandato , si intuisce per
punizione, ad indagare sulla morte di un collega- Valerio Garau-
inspiegabilmente morto dopo avere sorbito un caffè al bar del tribunale, in
compagnia di una collega sua amante.
Questo il fatto che dà avvio alla “procedura” per mettere ordine ai fatti.
Nel
sottofondo la storia dell’Italia degli anni ’70: il sequestro Moro, ad opera
delle brigate rosse, di cui, nella cittadina di provincia, isola in un’isola,
arriva un’eco ovattata e smorzata.
Lo
spunto iniziale porge il destro all’autore per fare muovere il suo personaggio,
che non viene mai nominato, attraverso strade fredde e quasi surreali, alla
ricerca di indizi, motivazioni, spiragli di luce, atti a condurlo non tanto
alla soluzione del caso quanto, piuttosto al sondaggio e alla comprensione dell’animo
umano.
Così,
in una girandola di uomini e donne, tutti con legami più o meno stretti con il
morto, il magistrato, con indolenza e, a volte, fastidio, dipana una matassa
fatta di verità parziali, di punti di vista differenti, nella quale lo scopo
fondamentale quasi si dissolve a favore dell’emersione di stralci di vita,
spiragli, attraverso cui si mostrano al
lettore episodi del passato prossimo e remoto di tutti i personaggi presenti
nel romanzo.
Alla
fine il caso non si risolve, la ricerca della verità approda a tante differenti
verità ciascuna delle quali ha una sua plausibile spiegazione e collocazione
all’interno della vicenda.
E’
notevole in questo libro, la capacità di Mannuzzu di iniziare una narrazione intricata
fin dall’inizio, e sapere condurla fino alla fine annodando con sicurezza tutti i fili delle azioni, per ricondurli , in fondo al romanzo, al punto
di partenza.
La
scrittura è spiazzante: la sintassi è costruita attraverso un labirinto di
incisi e subordinate, in cui le descrizioni di pensieri, stati d’animo, le analessi,
si intrecciano continuamente, destabilizzando anche il lettore esperto che è
costretto a rimanere perfettamente avvinto alla scrittura pena la confusione e
la perdita del senso della narrazione.
A
complicare ancor più la scrittura, una punteggiatura non canonica con l’uso
spregiudicato soprattutto dei due punti, quasi a volere spiegare continuamente
le ragioni di azioni apparentemente inspiegabili in un colloquio costante e
fitto che il magistrato, protagonista della vicenda, instaura con se stesso. E
infatti di questo colloquio interiore la narrazione ha tutte le
caratteristiche: il protagonista insegue i suoi pensieri senza curarsi di
interlocutori.
Per
questo il libro mi è sembrato un’opera di scrittura raffinatissima ma difficile
e certamente non alla portata di lettori poco esperti.
Questa
scrittura di Mannuzzu in qualche modo mi sbalordisce, nel senso che non
somiglia a nessuna delle scritture di
autori sardi contemporanei : è caratterizzata da una cifra originalissima che
conferisce alla narrazione una sorta di monotonia volutamente livellante
quasi che l’autore volesse rappresentare le vicende umane dando a
ciascuna di esse la stessa importanza e il medesimo valore: nessuno dei
personaggi dice la verità, ognuno ha una sua verità da rivelare importante
quanto quella degli altri. Come dire che la ricerca della motivazione della
morte è solo un fatto puramente aleatorio e, tutto sommato, anche inutile, che
nulla aggiunge e nulla toglie all’infinita vicenda dell’uomo.
Questa tua recensione, così particolareggiata, mi ha stuzzicato la curiosità di leggerlo! Grazie Maria Rosa
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