martedì 3 dicembre 2013

Album di famiglia di Dorrestein Renate (traduzione di Pignatti L.) Editore Tea

Ogni tanto, quasi per caso, un buon libro si trova in giro. L'ho avuto in prestito da un'amica e non sapevo nulla della scrittrice. La storia potrebbe essere una qualsiasi storia di horror familiare, intrigante quel tanto che basta ad assicurare un bel po' di lettori con il gusto del noir, frequentatori abituali di librerie da centro commerciale e acquirenti di dubbio gusto. Ma.
 Questo libro segna una differenza non certo per la trama che, a raccontarla, si potrebbe ridurre ad una storia banale: Ellen Van Bemmel, giovane medico in attesa di un bambino e con un matrimonio fallito alle spalle, torna dopo vent'anni nella casa della sua infanzia. Sfogliando un vecchio album di fotografie, Ellen rievoca i primi anni della sua vita trascorsi nella provincia olandese con i genitori, la sorella Billie e i fratelli Kester e Carlos. Un'infanzia all'insegna della serenità e dell'armonia fino alla nascita della piccola Ida destinata a scatenare un crescendo di sciagure e tensioni familiari che culmineranno in un dramma tanto efferato quanto folle e imprevedibile.(http://www.ibs.it/code/9788850202102/dorrestein-renate/album-famiglia.html)
E' la lettura  di questo romanzo ad essere estremamente coinvolgente. La scrittura alterna i piani temporali del racconto in prima persona , con rimandi passato/presente che fanno viaggiare il lettore alla stessa velocità dei ricordi della protagonista. I punti di vista  molteplici riflettono negli specchi mentali degli attori  la vicenda narrata con una razionalità lucida che pian piano introduce nei labirinti del pensiero di ogni personaggio. Notevole l'architettura dei capitoli attraverso i quali si dipana la vicenda che colloca il lettore su un luogo di attesa continuamente mutante e che solo alla fine rende conto dello sviluppo temporale della storia. Il bandolo della matassa è collocato in fondo al romanzo e ci si deve arrivare prima di potere ricostruire cronologicamente e logicamente il percorso.  La piccola Ida, capro espiatorio della follia materna, è la prima ad essere nominata nell'ipotesi del nome della nuova nascitura, figlia non ancora nata della protagonista  che finalmente potrà lasciar andare per sempre ma con dolore le presenze familiari che ne ostacolano la vita nel presente. La storia si conclude  con ottimismo: il presente  nasce da un immenso dolore  che viene però esorcizzato per sempre.
La scrittura non indulge a barocchismi. La parola è semplice poichè è la storia complicata. Delicatissime le espressioni dedicate all'amore verso il fratellino superstite, verso il padre, verso la stessa madre che la protagonista rivede con pietas e con il rammarico di non avere potuto far nulla per salvarla dalla follia. Un nulla che accompagna la sua stessa esistenza di medico che constata alla fine  quanto lungo e aggrovigliato sia il percorso della medicina quando, a ritroso, se ne rileva l'impotenza.



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