giovedì 5 dicembre 2013

Così è la vita

Così è la vita di Concita De Gregorio- Einaudi editore. Torino, 2013.



Ho appena finito di leggere  Così è la vita di Concita De Gregorio- Einaudi editore. Torino, 2013.
Il tema che affronta questo libro, la morte, è di quelli che , detto così, tutti rifuggono e se fosse apparsa in copertina, che so,  la parola “morte”, forse  in pochi l’avrebbero acquistato. E invece c’è molta vita dentro queste pagine. Anzi, la vita stessa.
Con coraggio, Concita De Gregorio non solo parla di questo passaggio obbligato che nella nostra società viene artatamente nascosto, dimenticato, accantonato in posti non visibili, ma le sue parole attraversano così leggere ognuna delle centodieci pagine, che quando sono arrivata alla fine avrei voluto che contenesse altre trecento pagine da potermi gustare con la stessa leggerezza, con la stessa dolcezza.
La De Gregorio dà al suo saggio sull’idea della morte, la forma di un libro di racconti brevi. Il primo dei quali inizia proprio dall’ultimo atto, il funerale, descritto come avvenimento da immortalare addirittura con una cinepresa, perché i sentimenti che accomunano gli astanti, in quella occasione lì, sono autentici essendo occasione di incontro tra persone accomunate dall’amore o dall’amicizia e che per un’ora o un intero pomeriggio trascorrono insieme un tempo da dedicare ai ricordi condivisi.
Il libro procede sempre con grande leggerezza attraverso le diverse forme con le quali la morte è percepita dai vivi. Ci riconosciamo tutti  in quelle sue parole, quando specialmente descrive quanto nella nostra società, si faccia di tutto per nascondere il dolore, la vecchiaia, la morte e quanto invece prevalga l’idea dell’eterna giovinezza, del successo, della bellezza a colpi di bisturi e di diete. E soprattutto quanto poco se ne parli ai bambini, come se la morte non fosse anche affar loro come lo è di tutti.
Descrive la De Gregorio tanti episodi in cui la morte è stata non cancellata, ignorata, dimenticata, ma al contrario accettata come  parte integrante dell’esistenza umana, citando una serie di casi in cui l’evento viene vissuto coralmente, perché, “ il dolore quando non è condiviso diventa rabbia e disperazione”, come dice il papà di una bimba morta alla quale i genitori dedicano un concerto per quello che sarebbe stato il suo terzo compleanno. La morte di Lulù - è il nome della bimba- diventa pretesto per la raccolta di fondi per un ospedale  pediatrico in Angola.
Sono tanti esempi e episodi raccontati con commovente semplicità che spaziano da episodi di vita vissuta dalla stessa autrice a libri, soprattutto per bambini, in cui si parla della morte  come elemento di rinascita ai sentimenti di vita in funzione degli altri. Bellissimo il capitolo dedicato al film Departures uno dei pochi, se non l’unico che parla della composizione e preparazione del corpo prima della cremazione. Così carico di delicatezza e di poesia che forse solo un giapponese poteva concepire.  
Piace  il tono sommesso, quasi sussurrato con cui la De Gregorio racconta nell’ultimo capitolo la storia del bambino innamorato dei videogiochi, che deve partire da solo in un posto dove gli aggiornamenti dei videogiochi arriveranno da soli direttamente nel suo computer, come gli dice il suo medico e dove  egli stesso potrà diventare addirittura l’eroe protagonista dei suoi giochi preferiti. Il ritmo del punto di vista del bambino che racconta in prima persona con frasi brevi ed essenziali, scorre leggero dall’inizio alla fine delle tre pagine in cui consiste questo ultimo racconto che chiude la serie narrativa. E veramente è con rimpianto che si chiude l’ultima pagina del libro, il rimpianto che si sia concluso.
Però in calce c’è una bibliografia ragionata di libri a cui la giornalista ha attinto per la sua  scrittura. Libri che possiamo consultare anche noi per dare continuità alla leggerezza con la quale pensare questo evento che spesso non osiamo neppure nominare.


Unico elemento un po’ fuori tono è il capitolo dedicato alla dieta Ducan, sicuramente inserito ad esempio di supporto  dell’inutilità del nostro continuo arrabattarci per avere e mantenere una linea perfetta, come ce la impone la televisione. Ma qui il ragionamento perde un po’ la sua forza persuasiva e la leggerezza con la quale l’autrice descrive un incontro col famoso dietologo, svia un po’ l’attenzione del lettore che percepisce un estraniamento strutturale del capitolo a ciò dedicato.

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