L'inserto di La Repubblica di venerdì 20 dicembre 2013
propone cinque resoconti di viaggio di cinque scrittrici: Concita De Gregorio,
Claudia de Lillo (Elasti), Clara Sereni, Paola Soriga e Chiara Valerio. Cinque
resoconti-racconti che vale la pena di leggere. Ognuna di queste scrittrici
racconta, a suo modo, l'incontro con una donna africana, ciascuna così
distante dal nostro mondo occidentale che viaggia su altri tracciati, ma pure
così vicina nelle speranze di una possibilità di sperimentarsi come donna nuova
e diversa, ma soprattutto in grado di progettare il proprio futuro.
Le cinque scrittrici riescono ad essere
coinvolgenti nel loro modo di rivolgersi e di ascoltare queste donne dalle quali sembrano
avere appreso, loro così affermate nel loro lavoro, così realizzate come
professioniste, così inserite nel loro mondo affettivo e amicale, un
nuovo pensiero al femminile. E così, ad esempio, Concita De Gregorio fa
parlare direttamente Maiuma che narra in prima persona la fatica, il dolore, il
sacrificio di una vita spesa per la sua famiglia senza un ritorno affettivo, ma
che, scacciata dal marito perché vecchia e malata, ritrova nella danza una
nuova forma di felicità e nel prendersi cura di due orfanelli abbandonati, una
maternità più grande e più appagante.
Claudia De Lillo invece, con il suo stile
tutto dialogato e ironico narra dell'incontro con Claire, una donna africana
che non esiteremmo col nostro linguaggio, a definire emancipata, e della quale
la de Lillo dice guarda
dritto negli occhi, non chiede ma ordina, non conversa ma istruisce. Se fossimo
in Italia la troverei detestabile, ma siamo in Uganda e di donne così
non se ne trovano spesso e quindi, dice, diventa
il suo supereroe. Questa
donna la guiderà ad un ricevimento in cui incontra Esther Madudu, famosa
ostetrica ugandese candidata al premio Nobel per la pace nel 2015, la
quale rappresenta l'impegno per salvare 200.000 vittime annue della
gravidanza nell'Africa Sub Sahariana. Il racconto si snoda leggero e divertente
pur nelle immagini di un'Africa piena di problemi non risolti, affidati alla
volontà determinata di queste donne.
Clara Sereni racconta di Shinaz Alice,
infermiera, che dopo un soggiorno di quattro anni a New York, dove ha
seguito il marito militare, torna in Africa dove entra a far parte di un
progetto chiamato Malkia e attraverso il lavoro che svolge, affrancandosi dal
bisogno economico, potrà permettersi di fare gratuitamente l'avvocato dei
diritti civili.
Paola Soriga ci parla di Fatuma, una
giovane donna Etiope che studia medicina perché vuol fare l'ostetrica, perché
vuole prendersi cura delle donne che per cause, anche banali, muoiono di parto,
come sua sorella più giovane che è morta insieme al suo bambino. Si sente
che per queste donne la maternità è il cardine intorno al quale girano le vite
di tutte e sembra quasi che solo governando i meccanismi del dare la vita
e di aiutare a dare la vita, si possano affrancare dalla sofferenza e dalla
subalternità ai loro maschi, supremi detentori del potere sulle donne.
Particolarmente avvincente è il racconto
di Chiara Valerio che descrive un ospedale pieno di partorienti dove la vita
che nasce ha il sapore lieve e profumato della stessa terra d'Africa e i nuovi
nati sono come frutti prodotti da questa terra rigogliosa che non conosce
arresto nel processo della fertilità umana. Bellissime le descrizioni dei
bambini appena partoriti e avvolti
come in un baco dalla stoffa colorata o
, con una felicissima similitudine, stretti
come involtini di riso in una foglia di fico. In
questo ospedale tutto è ridotto all'essenzialità e anche tra la vita e la morte
non c'è nessuna barriera e nessuna diversità Che la morte è anche vita,
dice la Valerio, lo si può constatare della serenità con cui l'ostetrica
risponde alla domanda della protagonista che chiede il perché tengano il
bambino morto accanto a quello vivo: ma
perché è appena nato, ma è nato morto. E poi aggiunge una sua
riflessione: "morto" è
l'aggettivo di una cosa viva.
Da questi cinque racconti emerge
l'immagine di un'Africa al femminile, dove si comprende perché è alle donne che
verrà affidato il futuro di questo immenso continente. Un progresso che potrà
avvenire solo al femminile. Plurale.
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