giovedì 16 febbraio 2017
Il Partenone e le sfilate di moda
A proposito delle sfilate di moda e del Partenone negato dalla commissione archeologica di Atene a Gucci, risulta veramente strano che, per una questione di orgoglio nazionale, si rifiutino dei contributi atti a restaurare e a sottrarre al degrado un così grande patrimonio dell'umanità intera. SE pensiamo che quelle stesse costruzioni nacquero in Grecia per celebrare la bellezza, l'armonia e l'equilibrio, forse ci si potrebbe rendere conto dell'insensatezza del rifiuto del mecenatismo che, oggi, si produce in queste forme. Basterebbe rileggere Vitruvio nel suo libro "Architectura", per riflettere su quanto i greci pensassero in termini di bellezza:
"Vitruvio spiega come siano emerse le particolarità della colonna dorica e narra che i greci, per i responsi di Apollo Delfico e per comune decisione di tutta la Grecia, potessero conquistare in Asia XIII colonie in una sola volta, ciascuna con un condottiero al comando. A capo delle colonie in Asia vi era Ione che occupò gran parte del territorio della Caria. Orbene espugnate ormai tutte queste città dell’Asia, i greci chiamarono quella terra Ionia dal loro capo Ione, e iniziarono così a edificare templi e santuari per gli dei. Quando volevano collocare le colonne dei templi, non avendo le simmetrie per farlo, cercarono un criterio in modo da costruirle capaci di sostenere il carico e allo stesso tempo che fossero belle di aspetto. Allora gli ateniesi presero come misura l’impronta del piede umano e lo riportarono in altezza, essendo il piede la sesta parte del corpo umano la fecero alta sei volte il diametro della base. Così la colonna dorica rappresenta negli edifici la proporzione, la bellezza e la solidità della virilità dell’uomo.
In seguito gli ateniesi, volendo costruire un altro tempio anche ad Artemis, costruirono colonne costuite da un nuovo tipo di bellezza . La dedicarono alla gracilità femminile e la chiamarono colonna ionica. Per la costruzione usarono lo stesso metodo di misura utilizzata per la colonna dorica, solo che questa non la fecero alta sei volte bensì otto, in modo da essere più alta e di aspetto più slanciato. Lo ornarono a destra e sinistra del capitello con volute pendenti che somigliavano tanto a crespi cincinni di capigliatura tipica femminile, mentre disposte lungo tutto il fusto della colonna lasciarono andare verso il basso delle scanalature come fossero pieghe di lunghe vesti matronali.
Così nacquero due degli ordini che caratterizzano i templi del periodo: una, la colonna dorica, che rappresenta la figura umana maschile nuda e senza ornamenti, l’altra, la colonna ionica, di aspetto svelto, snello piena di ornamenti e raffigura la fragilità e armonia del corpo della donna.
Infine il terzo ordine, quello corinzio, imita la gracilità e sveltezza della vergine. Le colonne corinzie sono configurate con le membra gracili della tenera età della vergine e presentano effetti ornamentali molto graziosi che vanno a sottolineare la dolcezza e la premura della vergine in tenera età. Vitruvio poi ci informa sull’origine del capitello corinzio:
“Una fanciulla corinzia in età da marito, morì di malattia. Dopo la sepoltura, la sua nutrice raccolse ed ordinò in un cestello rotondo tutti quei vasetti e coppe onde la fanciulla si era dilettata in vita, e lo collocò in cima al monumento, coprendoli con una tegola quadrata onde durassero di più così all’aperto. Sotto il cestello si trovava a caso una radice di acanto, la quale, premuta al cestello, a primavera gettò foglie e caulicoli, e questi, crescendo attorno al cestello e trovandosi spinti in fuori dagli angoli della tegola, furono costretti dal peso a flettersi nelle estremità delle volute. Allora Kallimachos, che per eleganza e rifinitezza delle sue statue fu chiamato dagli ateniesi katatxitecno~, passando a lato di quel monumento, notò il cestello e le tenere foglie che gli crescevano attorno; e colpito dall’aspetto di leggiadra novità dell’insieme, costruì a Corinto capitelli su quel tipo, e ne fissò le misure proporzionali, e quindi stabilì il complesso delle proporzioni degli edifici di ordine corinzio.” ( Vitruvio, Architettura, introduzione di Stefano Maggi, testo critico, traduzione e commento di Silvio Ferri, ed BUR Milano 2008 pagg.227-229)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento