di Giuseppe Perricone
A lungo andare, vedendo aggravarsi sempre più le
condizioni di salute della figlia senza che il marito, a parte le cure mediche,
si decidesse a prendere uno qualunque dei provvedimenti da lei sperati, cominciò
ad odiarlo. Non gli confidò più le sue paure, tanto sapeva che era tutto tempo
perso. Lo conosceva bene.
Per circa
sei mesi ancora continuarono quei ritrovamenti, poi cessarono. Naturalmente Don
Gaetano continuò a cercare ancora per qualche altro mese, fin quando anche lui
dovette arrendersi all'evidenza: il bottino dei briganti si era esaurito. Donna
Agatina invece affermava che ad esaurirsi, invece, era stata la Truvatura.

Anche in
queste nuove attività tutto procedeva a gonfie vele. Non sbagliava mai un
affare. La gente cominciò a rivolgersi a lui e a consultarsi con lui per i
propri negoziati, e lui dietro compenso di una adeguata percentuale dispensava
loro i suoi consigli. Un consulente finanziario ante litteram. Unico cruccio di
Don Gaetano era la salute della sua piccola Adelina. Infatti, la bambina era
ormai allo stremo. Il medico era divenuto un abituale frequentatore di casa
Arcoleo. Prima veniva soltanto quando richiesto, ma quando queste chiamate
divennero quotidiane, egli stesso decise di passare ogni giorno a visitare la
piccola. Ma, la bimba continuava a essere inappetente e nulla potevano le
continue cure ricostituenti.
Negli
ultimi tempi si rese necessario far venire i migliori specialisti da Palermo,
nessuno dei quali seppe diagnosticare con precisione la malattia di Adelina.
Tutti erano concordi sul fatto che la bambina stesse letteralmente morendo di
fame. Intanto i genitori assicuravano che non le facevano mancare niente, che
il cibo che le portavano a letto lei lo mangiava anche se malvolentieri. Si, é
vero che spesso, quando si recavano a ritirare il piatto nella stanzetta, vi
trovavano ancora del cibo che la bimba non riusciva a mandare giù, ma in linea
di massima lo trovavano vuoto.
Sentendo
ciò uno degli specialisti narrò di un altro caso simile che gli era capitato.
Lì si era trattato di una giovane che in seguito ad una delusione sentimentale,
rifiutava il cibo e per non far capire niente ai familiari, di nascosto, lo
buttava nel bagno. Ma, chiamato in tempo, egli era riuscito a scoprire il
sotterfugio e a salvare la ragazza costringendola a mangiare guardata a vista
dai suoi, il tutto coadiuvato da appropriate cure ricostituenti. Chissà, poteva
darsi che anche questa paziente nascondeva il cibo, visto che solitamente
mangiava da sola. Ma per quale motivo? Era impensabile che una bambina di otto
anni avesse subìto una delusione sentimentale. Forse non voleva più vivere in
un mondo dove per la sua infermità era considerata diversa e dove lei stessa si
considerava di nessuna utilità, specialmente in una famiglia come la sua dove
ognuno dei componenti, in un modo o nell'altro, si dava da fare per gli altri.
- Ah... Se
mi aveste consultato prima! - sospirò lo specialista - Avremmo almeno appurato
la fondatezza della mia ipotesi. Ora, se anche riuscissimo ad avere conferma di
quanto ho ipotizzato, sono fermamente convinto che, purtroppo, ormai ci sia
ben poco da fare.
Questo fu
il responso che Don Gaetano si ebbe da quella consultazione. Ne fu costernato.
Da quel giorno Adelina non mangiò più da sola. Il cibo le veniva fatto ingoiare
quasi a forza, ma era tutto inutile perché lo vomitava subito dopo.
Un giorno
che era rimasta sola in casa con Adelina, Donna Agatina mandò a chiamare 'u Zù
Vicé[1], un
uomo sulla sessantina che aveva fama di possedere delle facoltà medianiche ed
era perciò in grado di scoprire eventuali "presenze" malefiche e cacciarle.
Quando
l'uomo arrivò in casa degli Arcoleo, non appena ebbe varcato l'uscio della
stanzetta della piccola malata, fu preso da una specie svenimento, almeno così
disse poi, ma subito ripresosi scappò via gridando che quella stanza era
infestata da Spirdi maligni contro i quali lui non poteva nulla e che la
bambina era ormai condannata.
- Guai a
voi che li avete disturbati! - gridò - Vi é piaciuto arricchirvi con la Truvatura ? Ora ne pagate
il pegno.
Detto
questo 'u Zù Vicé fuggì via.
Fino a
quel momento Donna Agatina aveva sempre sperato che avesse ragione il marito
nel giudicare le sue paure soltanto delle sciocche superstizioni, ma ora aveva
avuto purtroppo conferma dei propri sospetti.
Era da
pochissimo uscito 'u Zù Vicé, quando rientrò Don Gaetano. La Donna gridando al suo indirizzo
vitupèri e ingiurie, prese a colpirlo con pugni e schiaffi.
Sentendo
questo strepito, i vicini accorsero e convinsero Don Gaetano ad uscire chè ci
avrebbero pensato loro, le donne, a calmare Donna Agatina che intanto continuava
ad accusare il marito di star causando la morte della figlioletta.
Quando le
vicine riuscirono finalmente ad acquietarla fecero rientrare Don Gaetano e solo
dopo che anche gli altri figli furono rientrati si decisero a lasciarli.
Donna
Agatina raccontò ai familiari della venuta dello Zù Vicé e di cosa questi avesse
scoperto.
Don
Gaetano le fece terminare il racconto, poi con calma espresse la sua opinione
in proposito:
- In
primis - disse - io ho sempre considerato 'u Zù Vicé un ciarlatano, che sfrutta
l'ignoranza della gente come te per campare. Infatti, che lavoro fa? Nessuno.
Secondo: chi, in paese, da quando siamo in questa casa e la fortuna ha
cominciato a sorriderci, non ha attribuito ciò alla Truvatura? Perciò non c'é
da meravigliarsi delle affermazioni di quell'imbroglione. Ha soltanto ripetuto
quello che pensano tutti. E poi, secondo voi, le preoccupazioni di Mastro
Gaspare, che per me rimangono soltanto sue impressioni, non hanno contribuito
al diffondersi di questa diceria? 'A Truvatura… i Spirdi… tutte fesserie. Voi
avete mai visto Spirdi qui dentro? No! Quanto abbiamo trovato non lo abbiamo
trovato dentro casa, ma fuori, in campagna. E lì, in quella zona, in tempi passati
imperversava una banda di briganti e il tesoro che noi abbiamo trovato
apparteneva a loro che per nostra fortuna non ci sono più.
- Parliamo
ora della salute di Adelina. - continuò,
ma questa volta con la voce un pò incrinata dall'emozione che le procurava il
dover parlare della figlioletta.
- Lo
sappiamo tutti che Adelina é stata sempre così malaticcia. La colpa non é di
nessuno. Ora, chissà cosa le passa per la testa, ha deciso che non vuole più
mangiare. Avete sentito cosa ha detto il Dottore venuto da Palermo? Si sarà
convinta che é solo di peso a tutti noi e vuole liberarci. Magari é convinta di
farci del bene. Ma io non mi arrendo. Vediamo come va ora che la controlliamo
quando mangia; se dovesse continuare a peggiorare, la porto in Continente, chè
là ci sono gli scienziati che fanno resuscitare pure i morti!
Aveva
finito appena di pronunciare quest'ultima frase, quando udirono le grida di
Concetta, la figlia maggiore, dalla stanza della sorellina, dove si era recata
per controllare se stesse riposando: - Papà ... Mamma ... Correte! Adelina ...
Adelina forse é morta!
Come un
solo uomo si precipitarono tutti nella stanzetta della bambina e, purtroppo,
con sgomento appurarono che Adelina non dava più alcun segno di vita.
- Bartolo!
- chiamò Don Gaetano, con voce rotta dall'emozione - Vai a chiamare subito il
dottore, corri! - poi, rivolgendosi alla moglie, che aveva incominciato a gridare
il proprio dolore, e ai figli, intimò loro di mantenere la calma chè, forse,
Adelina era soltanto svenuta. Ma il tono della sua voce era quello di chi è già
lui stesso il primo a dubitare di quanto va affermando.
Ma Adelina
era proprio morta! Tutto era ormai compiuto.
Venuto il
medico, non potè fare altro che constatare l'avvenuto decesso della bambina. A
questo punto Donna Agatina fu presa da una crisi isterica. Si scagliò contro
il marito, con furore e rabbia più veemente di prima. Era come spiritata. A
nulla valsero le implorazioni dei figli né la loro intercessione affinché si
calmasse e smettesse di colpire il marito, il quale, come inebetito, non faceva
niente per ripararsi da quei colpi. Quando, finalmente i figli riuscirono a
bloccarla, la donna cadde svenuta fra le loro braccia.
Donna
Agatina da quel giorno non rivolse più la parola al marito e si chiuse in un
mutismo da cui usciva soltanto per "parlare" con la sua Adelina che
la sua mente, ormai andata, non volle mai credere morta.
Ma la
sorte di Don Gaetano non fu migliore di quella della moglie.
Da quel
giorno infatti fu tormentato dal dubbio e dai rimorsi che si portò dietro fino
alla fine dei suoi giorni. La gente in paese disse che quella era la sua
condanna: vivere a lungo (era quasi centenario quando morì) e tormentato dai
suoi sensi di colpa. Sì, sua moglie aveva avuto ragione fin dal primo momento,
pensava. Ma come poteva minimamente immaginare quello che sarebbe accaduto? Si
giustificava adducendo a scusante il fatto che non aveva mai creduto a tutte
quelle storie frutto della fantasia popolare e perciò non poteva prevedere
quello che sarebbe successo. Ma era vero?
Aveva
sfidato il soprannaturale ed era stato sconfitto. Ma sarebbe stato più giusto
che a pagare per le sue colpe, per la sua incoscienza, fosse soltanto lui e non
la figlioletta innocente da ogni colpa. ... La sua incoscienza ... Fino a che
punto aveva potuto considerare incoscienza il suo modo di agire? Perché dopo i
primi ritrovamenti aveva preferito comprare la casa invece del terreno? Non era
stato perché in fondo anche lui era convinto che tutto aveva avuto inizio
proprio da lì, da quella casa? Che continuando ad abitarla, in qualunque altro
luogo avesse condotto i suoi scavi avrebbe trovato ugualmente i suoi tesori?
Ecco perché l'acquisto della casa era stato prioritario. Tutto il resto sarebbe
stato consequenziale. E quando Mastro
Gaspare lo mise in guardia sui pericoli che la sua Adelina avrebbe potuto
correre in quella stanzetta, perché riservò alla bimba proprio quella?
Se fino a
quel momento l'aveva fatto, ora Don Gaetano non poteva più continuare ad
ingannare la propria coscienza con falsi alibi, ora che la sua bambina era
morta. Aveva sacrificato la sua prediletta, la sua adorata Adelina, per il
proprio tornaconto, così come le popolazioni primitive, nei loro riti pagani,
sacrificavano vittime umane per assicurarsi il favore delle loro sanguinarie
Divinità e ottenerne benessere per tutta la tribù.
La casa
degli Arcoleo, nel giorno del funerale della bambina, fu invasa dai vicini.
Quanto si mormorava in paese sui motivi che avevano portato la bimba alla
tomba, aveva commosso i paesani, la cui piètas era palese sui volti di tutti.
Anche Mastro Gaspare Lo Monaco con i due figli più grandi era presente. Anzi,
come uno della famiglia, rimase per tutto il giorno seduto alle spalle di Don
Gaetano al capezzale di Adelina che giaceva sul suo piccolo letto di morte al
centro della stanza, col volto pervaso da una serafica serenità che in vita
forse non aveva mai avuto.
Quando la
morticina fu deposta nella piccola bara bianca, si creò all'interno di quella
stanza un certo movimento, tanto che Mastro Gaspare coi figli, per creare più
spazio, indietreggiando finì per ritrovarsi nella camera successiva, quella che
sia lui che Don Gaetano avevano adibito a camera da letto. Nella penombra i
suoi occhi andarono ad una piccola vetrinetta, al centro della quale, su uno
scaffale di vetro, faceva mostra di sé una scarpina da donna. Una scarpina da
donna tutta d'oro.
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