di Giuseppe Perricone
- Papà! Papà, dove sei?
Accorse con ansia al capezzale
della figlia e la trovò seduta in mezzo al letto con gli occhi già colmi di
lacrime.
- Sono qui, tesoro mio.
Stai tranquilla chè non ti lascio. Vieni qui, in braccio a papà. Così, brava.
Aspetta che ti asciugo gli occhi.
Prese dalla tasca il fazzoletto
e glielo passò delicatamente sul viso.
Allo stesso modo della notte
appena trascorsa, Rosina gli si strinse addosso con tanta foga che Gaspare dovette
prepararle il caffelatte continuando a tenerla in braccio.
Intanto che la bimba faceva colazione, l'uomo
cercava di trovare il modo migliore per farsi narrare gli avvenimenti che l'avevano
prostrata durante la notte. Non riusciva a trovare le parole giuste per introdurre
il discorso. A sollevarlo da queste incertezze fu la stessa Rosina.
- Papà..., non voglio dormire più in quella
stanza ! Voglio dormire con te.
- Perché non vuoi più dormirci ? Cosa c'é che
ti spaventa ? Dillo a papà tuo.
- Si..., ti racconterò tutto.
La sera prima, quando Rosina s'era messa a
letto, stentava ad addormentarsi. Non perché soffrisse d'insonnia, ma perché
voleva essere ben sveglia nel caso fosse ricomparso quello che ormai considerava
il suo amichetto preferito: Angelo.
Stava per cedere al sonno quando un rumore,
che aveva origine nel punto in cui stava l'armadio, la ridestò improvvisamente;
lo stesso rumore che aveva preceduto la prima apparizione di Angelo. Era come
se qualcuno tentasse di spostare il pesante mobile, come se cercasse di trascinarlo
o di spingerlo, senza tuttavia riuscirci.
Immediatamente Rosina si sedette in mezzo al
letto con lo sguardo fisso in direzione del punto in cui si aspettava di vedere
comparire lo strano ospite. Infatti il bimbo era proprio dove era comparso la
prima volta, ma in piedi, piantato lì che la osservava con un mesto sorriso
sulle labbra.
Rosina scese dal letto e gli si avvicinò. -
Ciao ! - disse - Dove sei stato finora ?
- Mi rincresce per quanto é successo l'altra
volta. - rispose Angelo - Sono sicuro che ti sei spaventata moltissimo. Hai visto
quel brutto vecchio? E' quello di cui ti parlavo, il più cattivo.
- Si, ho avuto paura, ma non solo per me ... ero preoccupata per la punizione che il vecchio ti avrebbe dato, ma ora che ti
vedo sono contenta. Sai, ho pensato molto ai discorsi che hai fatto la volta
scorsa e francamente non so se devo prenderli sul serio, anche se non riesco a
capire come fate tu e gli altri a comparire e scomparire in questo modo. Vuoi
spiegarti meglio? Cos'è questo fatto che tu sei … morto? E ... il ... tesoro ...,
qui sotto?
Angelo non rispose subito. Era pensieroso,
come chi ha una cattiva notizia da comunicare e cerca il modo giusto per farlo
o, forse, un alibi per non doverlo fare. Poi tratto un profondo respiro di rassegnazione
cominciò:
- Lascia perdere il discorso sulla mia morte
perché questo ha un'importanza relativa. Dimmi, hai mai sentito parlare di una
Truvatura? Sai che cos'é?
- Si, - rispose Rosina - é un tesoro nascosto
che solo alcuni possono trovare e prendere.
- Beh, sì. - assentì l'altro - In un certo
senso hai detto bene, ma non sai tutto. Chi riesce a trovarla 'sta truvatura - ma
senza il nostro aiuto nessuno ci riuscirebbe - deve lasciare in pegno quanto ha
di più prezioso, in alcuni casi la propria vita o quella di un familiare.
Chissà, forse anch'io sono una vittima della Truvatura ... Hai capito ora
cos'è il tesoro celato qui sotto? E capisci perché ero restio a parlartene? Ma,
ormai, tanto vale che ti racconti tutto, anche per metterti in guardia.
Rosina era ammutolita per lo stupore, ma
anche se non proferiva parola, il suo sguardo fisso su Angelo era un eloquente
invito affinché questi continuasse la sua spiegazione. Infatti il ragazzo riprese
il discorso interrotto:
- Questa Truvatura consiste in una grossa
quarara[1]
stracolma di monete d'oro e in una scarpina da donna anch'essa tutta d'oro e
tempestata di pietre preziose.
A questo punto fece una pausa e Rosina capì
che era arrivato a quella parte del discorso che avrebbe voluto celarle; fu tentata
di impedirgli di continuare, perché era ormai convinta che avrebbe appreso cose
che sicuramente l’avrebbero fatto scantare, ma Angelo, interpretando il suo
silenzio come un invito a continuare, riprese: - Ascoltami bene ora. Mi é stato
raccomandato di non metterti a conoscenza di quanto sto per dirti. Ma io
voglio che tu sappia tutto. Voglio metterti in guardia da loro. Sai, mi sono
molto affezionato a te, forse perché mi ricordi molto la mia sorellina dalla quale
vorrei tanto farmi perdonare tutti i miei dispetti.
- Ascoltami: quando con la tua famiglia sei
venuta a stabilirti in questa casa, i due vecchi, vedendoti, hanno pensato che
eri tu quella che mancava per completare quella che loro definiscono "la
nostra bella famigliola". Io lo riferii a fra' Santo Spirito il quale mi
incaricò di avvertirti perché tu non ti faccia convincere da nessuna delle allettanti
offerte che quelli possono proporti, come il concederti la Truvatura, per
esempio. Infatti, mentre la prima volta sono venuto su incarico del frate, ora
sono qui su incarico dei due vecchi, per proporti di cercare il tesoro
nascosto. Io ho molta paura di loro, ma ti voglio molto bene e ti dico ancora
una volta di stare attenta, di non fidarti. La Truvatura é una trappola per …
te. Forse la tua famiglia si arricchirebbe, ma tu sicuramente ne pagheresti il
"pegno" con la tua vita. Anche se mi piacerebbe stare per sempre con
te, non voglio che tu segua quella che probabilmente è stata la mia sorte.
Rosina stava per ribattere qualcosa ma fu
interrotta … dall’Orrore.
- Chi stai facennu, mmalirittu ?!!! - era il
vecchiaccio che la bimba già conosceva, che, gridando con quella sua voce che nulla
aveva di umano, improvvisamente era apparso alle spalle di Angelo. Questa volta
non era solo. Era in compagnia di un altro vecchio orripilante quanto lui, ma
che sembrava essergli sottomesso come un cane al suo padrone.
Angelo, al sentire quella voce accennò un
timido istintivo tentativo di fuga che il vecchio bloccò sul nascere artigliandolo
con quelle sue mani scheletriche ma forti.
Anche Rosina tentò di
fuggire verso la stanza dei fratelli, ma il solito vecchio intuendo le sue intenzioni,
imprecando e bestemmiando, intimò all’altro: - Blocca l'uscita, stupido! Ci
provo io a convincere questa signorinella, visto che il suo "amichetto"
non se la sente.
Rosina vide il secondo vecchio come, fluttuando
nell’aria, spostarsi velocemente a bloccargli la strada verso la salvezza.
Rimase impietrita dall'orrore,
il tempo di sentire la solita voce rivolgersi a lei con un tono che voleva
sembrare mellifluo e accattivante, senza però riuscirvi: - Bambina mia, non
aver paura di me. Io sono buono, Angelo ti ha raccontato un sacco di bugie.
L'unica verità che ti ha detto è l'esistenza della Truvatura. Non ci credere al
fatto del pegno..., non è vero niente. Vuoi che la tua famiglia diventi ricca?
Non devi fare altro che venire giù con noi e prendere la Truvatura.
Poi, con tono compunto,
proseguì: - Noi vogliamo farti soltanto
del bene, per farci perdonare i peccati commessi nella nostra miserabile vita
da Colui che dispensa misericordia anche ai peccatori quali noi siamo. Aiutaci
a farti del bene.
Ma a questo punto la bimba riuscì a sbloccarsi
e gridando come una forsennata cercò di rifugiarsi sotto il letto, ma quello,
subitaneamente, continuando a tenere un braccio attorno al collo di Angelo, con
l'altro prese la sedia che era ai piedi del lettino e la calò con forza sulla
piccola imprigionandovela dentro.
Intanto risvegliàti dalle grida di Rosina,
ecco accorrere Ciccio, Damiano e dietro di loro il padre.
Probabilmente fu il tramestio prodotto da costoro
a indurre i vecchi a scomparire con Angelo, come e per dove erano venuti, non
senza, però, che il più malvagio dei due, quello che ormai aveva chiaramente
dimostrato di essere il capo, avesse lanciato un'ultima minaccia alla bimba:-
Non finisce così. Finché starai in questa casa non avrai scampo.... Prima o dopo
sarai nostra!!! ... E’ solo questione di
tempo!!!
Quando Mastro Gaspare ebbe finito di ascoltare
il racconto della figlia, l'aiutò a vestirsi e l'accompagnò a casa della madre
dove già si trovavano Damiano e il piccolo Andrea.
L'anziana donna era in apprensione da quando aveva
visto arrivare i due nipoti ad un'ora così insolita della giornata. Invano
aveva chiesto spiegazioni a Damiano, questi, tenendo fede alla promessa fatta
al padre, le aveva fornito soltanto delle risposte evasive che non l'avevano
affatto convinta. Lo domandasse al padre, quando questi fosse venuto con Rosina!
Quando Mastro Gaspare arrivò con la figlia,
la madre, solo guardandolo in volto, capì che pensieri molto gravi lo turbavano
e, tuttavia, non se la senti di chiedergli nulla, ma, presa in consegna la nipotina
lo lasciò allontanarsi senza che nessuno dei due avesse proferito alcuna
parola, a parte un breve cenno di saluto. Benché l'espressione del viso del
figlio l'avesse messa in allarme, tuttavia la donna sapeva che lui non le
avrebbe raccontato nulla se non quando lo avesse ritenuto opportuno.
L'uomo tornò a casa. Aveva deciso che doveva,
a qualunque costo, constatare con gli occhi suoi cosa si nascondesse sotto il
pavimento della stanza della sua bambina: doveva appurare se le disavventure
della figlia avessero un reale fondamento.
Una volta sul posto, andò direttamente nello
sgabuzzino dei suoi attrezzi da lavoro e ne prese una piccozza, uno scalpello e
un mazzuolo.
Prima di oltrepassare la soglia della
cameretta di Rosina, si segnò e recitò ancora le Dodici parole della verità,
poi entrò. Svuotò l'armadio per renderlo più leggero e spingendolo dal muro lo
spostò fin quasi al centro della stanzetta. Poi cominciò col manico del mazzuolo
a tastare quella parte di pavimento precedentemente occupata dal mobile per verificarne
la risonanza. Già ai primi colpi dal rumore che si sentiva si capiva benissimo
che lì sotto era vuoto. Ripeté l'operazione in tutta la stanza senza però ottenere
la stessa risonanza.
Era risaputo che il sottosuolo di quasi tutta
la parte centrale del paese é attraversato da una miriade di cunicoli naturali
che collegano diverse caverne altrettanto naturali e la volta delle quali, costituita
da durissima roccia, era spessa generalmente molti metri. In alcuni casi, invece,
si riduceva fino a poche decine di centimetri e, addirittura, qualcuno di quei
cunicoli sbucava perfino in superficie. A riprova di ciò esistono in paese
alcune case ed anche alcuni esercizi commerciali ricavati in queste grotte.
Infatti, proprio in centro, a ridosso della piazza, all'interno di una di
queste caverne, c'é un'officina meccanica. Nessuno sa fin dove porta quel cunicolo,
visto che qualcuno, non si sa in che epoca, ha ritenuto opportuno ostruirlo
con un muro. Nelle vicinanze c'é un'altra grotta sotterranea molto grande che
una volta era adibita a stalla per asini e muli e che ora funge da scantinato a
una palazzina di due piani.
Si dice che questo complesso di caverne coi
suoi cunicoli si estenda fino alla vicina città di Palermo e che, tra il '600 e
il '700, servisse da rifugio alla setta dei Beati Paoli. Ma queste dicerie, per
la verità, non hanno mai avuto il suffragio di alcun riscontro storico o geologico.
Mastro Gaspare, razionalista com'era, non
volle abbandonarsi a congetture fantastiche sulla natura del vuoto sotto il
punto del pavimento occupato dall'armadio, ma volle pensare che da lì si dipartisse
qualche cunicolo o qualche caverna naturale.
Diede un colpo di piccozza su uno dei mattoni
accosto al muro rompendolo, poi con lo scalpello prese a svellere gli altri in
prossimità del primo finché non ne ebbe divelti una ventina; raschiò i residui
di malta rimasti attaccati al pavimento. Questa operazione gli consentì di portare
allo scoperto un grosso anello di ferro, di quelli che si usava attaccare nei
muri delle stalle per legarvi le bestie. Qui l'anello veniva ad essere al
centro di quella che sembrava essere come una botola di cemento di forma
quadrata. Individuato il contorno del suo perimetro, aiutandosi ancora con lo
scalpello, riprese a raschiare la malta che la teneva attaccata ai bordi del pavimento
e quando la botola fu completamente liberata provò a sollevarla con la sola
forza delle braccia senza tuttavia riuscirvi.
Stava per riprovarci aiutandosi con un paletto
di ferro fatto passare attraverso l'anello per usarlo come una leva, quando
pensò che ormai non ne valeva più la pena. Infatti, a lui bastava avere appreso
che, anche se sotto quella parte del pavimento esisteva una caverna naturale,
ormai era evidente che qualcuno in carne ed ossa vi aveva avuto accesso per
chissà quali misteriosi motivi e che, magari per gli stessi motivi, aveva
ritenuto opportuno celarne poi l'entrata. Qualunque cosa fosse accaduta in
quell'antro, sicuramente era quella la genesi delle drammatiche
"visioni" della piccola Rosina.
[1] Pentolone di rame che un tempo si usava per
cuocere nelle vecchie cucine in muratura alimentate a legna.
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