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Saranno
forse le tecnologie a salvarci la vita? O quanto meno a preservarla? Suppongo
di sì. Non potrei pensare altrimenti, vista la profusione di macchine
elettroniche molto sofisticate, impiegate un po’ in tutti i settori, specie in
medicina e bioingegneria. E nella vita quotidiana. Credo che nessuno di noi
potrebbe più vivere senza cellulare o senza tablet. Siamo tanto abituati a
fruire di queste apparecchiature, che difficilmente potremmo pensarcene privi.
Anzi proprio non concepiamo più la nostra vita senza di essi. Che fine
farebbero se no le reti di relazioni che siamo stati capaci di intessere
durante tutta una vita? Finite. Dimenticate. Nel giro di qualche settimana
nessuno si ricorderebbe più di noi.
Per
questo ci si frequenta sempre più in chat e wats app che in presenza. Non c’è
più bisogno della presenza fisica, se non, forse, quando si va al ristorante.
Capita così che quattro-sei persone si diano appuntamento intorno ad un tavolo
al ristorante o in pizzeria, con l’intenzione ( io penso) di scambiare quattro
chiacchiere, magari anche di farsi quattro risate, raccontando episodi buffi
della propria vita e di quella altrui. Ma, una volta sedute, le persone non
parlano. Digitano. Guardano con concentrazione un piccolo schermo. Ciascuno
seduto al proprio posto. Capita anche che qualcuno accenni ad un vago ,breve,
spezzettato discorso. Ma la voce si deve fare spazio attraverso le note di
canzoni rock o melodiche, a seconda dei gusti
dei ristoratori, o tra le voci agitate e sincopate dei presentatori
televisivi. Il tutto ad altissimo volume. Una volta sono entrata in un caffè.
Era un caffè elegante, vicino al mare, arredi bianchi, cuscini color sabbia,
piante mediterranee intorno al terrazzo di legno che affacciava sulla spiaggia
pulita e, in fondo, il mare appena lucidato a nuovo dal maestrale. Ecco, questo posto mi piace, il solo rumore
è quello del vento tra le piante e il brontolio in lontananza dell’acqua. Mi
voglio fermare qui. Non c’era nessun avventore oltre a me. La sala bar era
completamente vuota. Mi fermai per circa un’ora, lessi una buona parte del
libro che avevo con me. In tutto questo scorrere di minuti, non erano entrati
che quattro, forse sei persone e non si erano trattenute a lungo. Mi colpì il
silenzio. Era bello quel silenzio, invitava a parlare con se stessi. I tre
camerieri erano dietro il bancone, parlottavano tra di loro sommessamente.
L’avevo subito eletto a unico mio luogo per i pochi momenti da dedicarmi. Mi piaceva. Questo
avveniva tre anni fa. Seppi, più tardi, che quel locale era stato appena aperto
al pubblico. Ci sono ritornata all’inizio di quest’estate: l’arredo, i tavoli,
la spiaggia, il mare, erano gli stessi, ma era il locale nel suo complesso a
non esser più lo stesso posto che avevo apprezzato io: una serie di canzoni a
tutti decibel impediva il benché minimo colloquio con tutti, anche con se
stessi. E così ho capito. Ho capito che i luoghi pubblici non sono fatti per il
benessere , appunto, del pubblico. Anzi di ciascuno di noi, in quanto
individui, non gliene importa niente a nessuno, né ai proprietari, né ai
fornitori dei locali stessi. Anzi sono quest’ultimi che impongono il dio
assoluto dei nostri tempi, il consumo di beni materiali e immateriali, per
indurci ad ulteriori altri consumi. Altro che curarsi del nostro benessere o
dei momenti che ci riserviamo ogni tanto
per fare il punto della nostra esistenza e ricaricarci con delle piccole pause!
Se pause ci devono essere che siano pause sonore, pause senza soluzione di continuità tra i rumori degli ambienti di lavoro, famiglia e altro
e i rumori costanti e indifferenziati dei locali. Stai qui, mangia, bevi, ascolta musica (musica???) PAGA e vattene. Non hai diritto alla
parola. Non devi avere niente da dire. Non abbiamo bisogno delle tue opinioni.
Anzi, sai che ti diciamo? Neanche tu hai bisogno delle tue opinioni. Non ti
devi stare a sentire. Tanto ti dici solo sciocchezze. Quindi è inutile che
perdi del tempo per noi preziosissimo. Il tempo che tu passi in questi pensieri oziosi, per noi è tempo perso. Tempo che non ci fa guadagnare. Quindi
tempo sprecato.
Questo
vale ovviamente per qualsiasi locale pubblico. Avete mai fatto la triste
esperienza di finire in un pronto soccorso di qualsiasi ospedale? Io sì. E’
vero, non sono proprio tutti come quelli che adesso descriverò, ma sono sicura
che nel giro di qualche anno, lo diventeranno.
Si
presume che al pronto soccorso ci si vada perché si sta proprio tanto male che
si ha urgenza di ricevere un soccorso immediato. Niente di più falso. La sala
d’aspetto è organizzata esattamente
per tempi di attesa variabile dalle due ore all’intera giornata. E infatti come
sono arredate queste sale? Quando ci si arriva, sembrano persino confortevoli:
oltre alle sedie anatomiche in numero molto abbondante, ci sono le macchinette
distributrici di bibite e bevande, come se uno, completamente preda di dolori
atroci, piegato in due dallo strazio fisico e mentale, dica tra sé e sé: toh, adesso mi faccio un caffeuccio, così,
tanto per ingannare l’attesa. Chissà se il dolore, spaventato dal caffè nero,
deciderà di lasciarmi in pace! Ma per un conforto ancora maggiore, se non bastassero
caffè,
tè , acqua minerale, bibite, merendine, cosa c’è posizionato in bella
vista a troneggiare nella parete più
grande della sala? Un MAGNIFICO TELEVISORE che, nel caso in cui non fosse
sintonizzato su i TG dei diversi canali nazionali che ci inondano di pessime
notizie, così tanto per tiraci sù il morale, ci spara musica a tutto volume!
Musica che spazia dai rapper con annessi video, alle canzoni dei gruppi rock
che più sono di successo e più assordano i malcapitati pazienti. I quali sono
costretti ad esercitare la loro pazienza fino al massimo grado di tollerabilità.
In
queste situazioni io mi sono trovata più volte. Ma la cosa alla quale non ho mai saputo darmi risposta è questa: ma come fanno i consigli di
amministrazione degli ospedali che lamentano scarsità di risorse, a dotare
tutte le sale di televisori? Ma perché devono darsi pensiero di alleviare le nostre sofferenze mentre
attendiamo di essere ricevuti da un medico?
Vi
prego, ve lo dico da questo post, non datevi questo pensiero per noi.
Lasciateci ai nostri dolori, alla nostra attesa silenziosa. E se proprio volete
aiutarci…liberateci da questi mali aggiuntivi. Riceveteci al più presto e
curateci come si deve! Senza licenziarci immediatamente dopo avere
distrattamente e di mala voglia ascoltato i nostri bisogni.
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