Presso l'Università della terza età di Cagliari, il 24 ottobre 2014 è stato presentato il libro di poesie di Bianca Mannu "Il silenzio scolora" ed. Mariapuntoru, Cagliari.
Nelle foto: La poetessa Bianca Mannu, i due relatori Maria Rosa Giannalia e Carlo Onnis e l'editore Giampaolo Salaris.
Nella foto la copertina del libro.
Presentazione del libro
(dalla pagina introduttiva de "Il silenzio scolora")
Il silenzio scolora
Presentazione
Il
titolo emblematico “Il silenzio scolora”
di questa nuova silloge che Bianca Mannu propone al pubblico dei lettori,
rimanda ai temi di tutte e sei le sezioni
dell’opera: la sovversione indotta dall’amore che erompe d’improvviso
nella vita di una donna e l’assenza.
Se
infatti, l’amore è l’oggetto di tutte le poesie presenti in questa raccolta, è
l’assenza il fulcro attorno al quale
si sostanzia l’insieme di emozioni e sentimenti di cui la poetessa ci vuole
parlare.
Il
sentimento primordiale dell’amore si
affaccia prepotente nella sezione incipitaria Preludi, già presente in nuce nella donna-bambina attraverso l’immagine dell’uomo-padre. La
stessa bambina che, affrancatasi da tale immagine, porta successivamente a maturazione
la sua femminilità insieme all’ineluttabile accettazione, condizione ad un
tempo di privilegio per la capacità di scavo emotivo e di sofferenza per la situazione
di perenne attesa cui questo sentimento prorompente la destina.
Nella
prima sezione,Come inatteso, l’irruenza con la quale si presenta l’amore ( Di colpo. Come una traccia opaca/ nel flusso
aurifero del sole…/ s’iscrive la tua assenza) con il suo irrompere improvviso nel quieto
trascorrere dei giorni, crea nell’immaginario femminile un desiderio che,
destinato a essere continuamente disatteso, determina uno spazio nuovo, ma uno
spazio di assenza, cifra e senso al di là dei quali non può più essere
ripristinato il primitivo trascorrere esistenziale. Tale spazio marcherà per
sempre la scansione temporale e non consentirà all’io lirico di ripararsi da
questa prorompente presenza-assenza se non nel canto poetico. Ed è questo canto
che può mostrare e dimostrare le attese femminine del rapporto amoroso nel
desiderio atteso e disatteso di accogliere e trattenere il corpo dell’altro in
perenne ricerca di unità di Eros e Anteros (
Se la calce t’infiora viso e mani / del candore amaro dei pruni- t’amo…) E
ancora, la tenerezza e la fragilità con le quali la donna si avvicina ad
accarezzare il corpo amato ( …Di ciò che
è stato/ avanzerà graffita una scrittura /-vaga- su un pezzo d’umana eternità )
non potranno avere altro esito se non quello della trascrizione poetica in pagine
destinate anch’esse a trasformarsi in
una fiaba buona per essere narrata ai piccoli che sapranno mutarla in flotte di pallidi velieri - per solcare/ in sogno gli acquitrinosi mari
dei cortili.
Nella
seconda sezione, Fughe, il pensiero
dell’amore denegato passa attraverso
immagini dense di metafore prese in prestito da una natura tanto fulgida e
trionfante quanto mentitrice nella resa delle promesse. In tal senso nel Viaggio al termine della notte, dal
titolo mutuato da Céline, si constata la frattura irredimibile tra la solarità delle
gialle astridi nate ai bordi della strada e l’amore che diviene abbattuto animale di lacera carne fumante stritolato
dall’indifferenza di estranei pneumatici sull’asfalto. Il prestito da Céline
non è casuale. Riecheggiano in altre composizioni le suggestioni preferite da
Bianca Mannu. Suggestioni evocate dai versi di Ronsard e dalla filosofia
poetica di Batalle, dai quali il linguaggio poetico dell’autrice distilla
essenze concettuali trasformandoli in significanti musicali ed evocatori. In
altri versi della medesima sezione, la
città diventa l’emblema dell’inappartenza nell’impossibilità del dialogo
amoroso (…Fughe d’umano senso e/ strade
incrociate contro/ una mente allo sbando/…).
Nella terza sezione, Diastoli di
sole, il motivo della possibilità attraversa le composizioni poetiche: l’amore,
osservato attraverso altrui attimi felici , balena la speranza di recupero
della mancanza attraverso analogie, ricercate nella memoria, di attimi di
intima tenerezza. Ma anche tale possibilità è destinata all’annullamento dall’oggi
abitato inesorabilmente dallo spazio dell’assenza.
Nella
quarta sezione, Affezioni, la tenerezza e il
ricordo di familiari corrispondenze si intersecano continuamente alla luce di
una rivisitazione razionale della memoria, in cui anche i gesti quotidiani
assumono aspetti di metafore esistenziali (…Pensami
invece risoluta nel gesto energico/ delle ardite mani indaffarate a torcere/
infide foglie e acuminate brattee/…), dove la giustapposizione di registro aulico
e colloquiale è capace di creare effetti e immagini che vanno al di là del dire poetico per inscriversi
dentro la rappresentazione visiva del lettore.
Le
emozioni che affiorano da tutti i versi della quinta sezione, Afflizioni e
ire, riconducono al tema di fondo,
l’amore nell’assenza, con la
consapevolezza definitiva della negazione. Il canto poetico qui infatti si
dipana, non sommesso né dolce, ma impetuoso e coinvolgente nei toni fragorosi
con i quali l’espressione del dolore si innalza e sommerge il testo (…Sono un amore che non invischia/ uno di
quelli per cui non si rischia…?). L’impeto dell’ira non lascia la mano al
più tenue ripiegamento nella sofferenza rassegnata. Prelude piuttosto alla
violenza del gesto di negazione della vita, laddove come nell’ultima
composizione della sezione, l’io lirico decide di annullare la sua essenza, ma
con un tocco di ironia e un vezzo di femminina vanità (…Ora si guarda nello specchio/si assesta un po’ i capelli/un tempo
erano belli! / Ritocca le labbra col rossetto/ si dà dell’ombretto/…), perché
anche nella morte la bellezza deve essere salvaguardata. E spiazza veramente la
chiusa dell’ultima poesia della sezione: …adesso
lei se la dorme/ davanti al giorno esploso, dove quel particolare
linguistico se la dorme conferisce ai
componimenti una leggerezza che sembra culminare in una strizzata d’occhio al lettore nella ricerca
di complicità anche nell’ultimo atto della vita.
Nella sesta e ultima sezione, In rada, trova compimento e risposta la
motivazione della ricerca amorosa che attraversa tutta la silloge: …Mi sedusse / ciò che non aveva:/ il suo
deserto. Il motivo, quello della desertitudine,
che dà il titolo ad una delle poesie della precedente sezione, viene qui
ripreso per essere sviluppato nell’accettazione di tutto il carico del
femminino, un po’ sorte rassegnata, un po’ maledizione che segna inevitabile il
destino di donna. Il motivo è ripreso in termini espressivi e iperbolici nella
poesia Fuori dall’Eden, dove si
sostanziano in tutta evidenza la differenza e la condanna ancestrale
dell’essere donna e tuttavia dono fatto da Dio all’uomo affinché, uniti,
entrambi possano intrecciare in una comune esistenza il proprio itinerario terreno,
accomunati indissolubilmente.
In Sine verso nec desiderio, che chiude la
sezione e tutta la silloge, il motivo dominante è il silenzio, presente fin nel titolo dell’opera e ripreso nel verso
iniziale di quest’ultima composizione. In questi versi l’io lirico rivolge a se
stesso un appassionato invito all’accettazione della solitudine e del silenzio,
al respingimento dell’illusione e all’accoglimento della morte come l’unica
presenza che non abbandona e che mantiene le promesse (…Se con la notte un brivido/ ti scuote d’inutile paura / abbràcciati
alla morte / sapendo che mai non t’abbandona;/ abbraccia la sua clemenza rude/ perché
ti scioglierà / da ogni malasorte ). Con questi echi leopardiani, l’io
lirico si dà l’ultimo comandamento: non voltarsi mai indietro per non incorrere
nella nostalgia, come detestabile
compagna / la più disutile, falsa e noiosa che ci sia. E qui la scrittura
poetica si appiana, abbandona la ricerca del significante aulico, si fa più
lirica, quasi sommessa, attinge al repertorio dell’eloquio quotidiano come si
conviene all’animo maturo e disincantato durante l’ultimo e conclusivo suo
atto: il corteggiamento della morte.
La
particolare scelta linguistica di Bianca Mannu conferisce alla sua poesia una
cifra facilmente riconoscibile all’interno di tutte le sue composizioni: la
poetessa, rifuggendo da parole ad effetto, va viceversa a distillare la lingua
con una mirata selezione in grado di significare con esattezza la sua poetica.
Questa ricerca stilistica, presente in tutte le opere, anche quelle
prosastiche, è una precisa scelta che l’autrice adotta, allontanandosi molto
dall’indulgere ai facili adescamenti del consenso del pubblico. Piuttosto è un
invito, offerto al lettore, ad entrare nel suo mondo attraverso le chiavi di
lettura che la poetessa fornisce disseminate tra i versi e che vanno trovate. I
riferimenti alla mitologia classica, l’uso di figure retoriche di suono, di senso,
di posizione, insieme alle parole distillate dalla molteplicità dei linguaggi:
sono queste le chiavi per entrare in questo mondo poetico, e comprenderlo e
farne parte.
Maria Rosa Giannalia
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